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L'INTERVISTA - Corrado d'Elia: "L'arte teatrale in Italia? Non si vede niente. E' come viaggiare nella nebbia"
di Elisabetta Di Dio Russo

 

In tempi di crisi a risentirne è anche l’arte, in ogni sua forma. Il Teatro è una forma d’arte tra le più affascinanti che si perde nella notte dei tempi. Eppure sembra sia anche tra le più ignorate dalla nostra bella Italia che pare non avere più l’attenzione di un tempo verso un’arte tanto antica quanto importante. A parlare dei problemi del Teatro è l’attore Corrado d’Elia, direttore artistico del Teatro Libero di Milano che, in questa intervista, racconta sogni e speranze di una forma d’arte che non intende arrendersi.

 

 

Com’è la situazione teatrale italiana in questo momento?

La situazione è ovviamente preoccupante, rispecchia la situazione in generale della politica italiana, del mondo culturale con un’aggravante: in Italia da tempo non c’è un indirizzo culturale ben preciso da parte degli enti pubblici. Quindi non si investe nella cultura, non si investe nei giovani. Eppure l’Italia è un paese che, in teoria, dovrebbe fare della cultura la sua bandiera.

 

Milano era considerata la capitale del teatro. Lo è ancora?

Certo! Milano è una città teatrale credo più di tutte le altre città italiane. Per tanto tempo a Milano abbiamo espresso anche qualcosa di diverso, di differente rispetto le altre città che poi veniva visto anche nel resto d’Italia. Attualmente viviamo un momento di grande indecisione e credo, solo in parte, dovuto a difficoltà economiche: non ci sono progetti da parte della città nemmeno in vista dell’Expo. Non ci sono progetti che possano in qualche modo sensibilizzare gli artisti, le compagnie, i teatri. In questo momento a Milano non c’è molto dialogo tra il mondo del Teatro e le Istituzioni. Ci sono stati alcuni incontri con l’assessore in cui però c’erano a disposizione pochi minuti per poter esporre idee e proposte. E in pochi minuti è davvero difficile riuscire ad esporre delle idee “concrete”.

Le convenzioni, quindi le erogazioni dei teatri convenzionati, delle compagnie  sono in grave ritardo: i soggetti convenzionati devono ancora ricevere l’ultimo anno, nonostante il 2011 sia quasi finito.

La situazione è veramente drammatica e non le nascondo che sto lavorando per andar via da questo Paese.

In questo periodo lavoro al Teatro Stabile di Bolzano. Sono andato via da Milano anche se a questa città ho dato tanto e rimango direttore artistico di Teatro Libero, con cui lavoro quotidianamente.

 

Malgrado i gravi problemi e le difficoltà attuali la programmazione della nuova stagione teatrale di Teatro Libero è molto ricca e variegata. Come ci siete riusciti?

Teatro Libero è sempre stato uno spazio molto attento alla contemporaneità, con una particolare attenzione per la nostra città e per i problemi di oggi. Ancora una volta, seppure con grandi sforzi e grandi sacrifici, il teatro risponde facendo delle proposte. Devo dire che questo è stato possibile anche grazie ai fondi che lo scorso anno noi stessi abbiamo messo a disposizione per la ristrutturazione del teatro, per riuscire ad adeguare una sala alla richiesta di un pubblico, che è sempre molto importante e molto forte.

 

Come manifesto per questa stagione Teatro Libero ha scelto un’immagine e una frase eloquente, di Philippe Petit. Perchè vi siete ispirati proprio ad uno degli artisti francesi tra i più curiosi, temerari e spericolati come Petit, per promuovere la nuova stagione teatrale?

Quell’immagine credo racconti bene il tempo di oggi: un acrobata su un filo è un po’ la condizione degli artisti oggi. Poi se si pensa che in realtà quel filo era tirato sui due simboli, le Torri Gemelle, di quello che era ai tempi il simbolo della contemporaneità, della forza vengono i brividi. Oggi quelle torri non ci sono più e, simbolicamente, per noi non ci sono più quei riferimenti. Rimane il filo, sospeso nel niente che è anche la condizione tragica del Teatro oggi.

Il filo però rimane lì in maniera magica anche se non so quanto ancora possa durare questa magia: gli artisti devono mangiare, devono studiare e poter fare il loro lavoro. Sinceramente non so dire quanto ancora durerà questa magia. Quando abbiamo scelto quell’immagine ci piaceva l’idea di un filo sospeso, nel niente.

 

Però, la frase di Philippe Petit dice “I limiti esistono solo nell’anima di chi è a corto di sogni”. Come dire: se c’è la possibilità di sognare è possibile andare avanti.

Noi andiamo avanti. Chiediamo di valutare e rivalutare il sogno, non solo quello di chi si addormenta ma anche di chi sogna ad occhi aperti. Se non sogniamo non abbiamo progetti. I progetti nascono da un sogno, da un’idea  che all’inizio sembra irrealizzabile ma che poi si realizza. Chiediamo innanzitutto di poter essere liberi di sognare e invitiamo tutti a sognare, a far progetti. Anche se questo invito, oggi, può sembrare un grido disperato.

 

Come avete scelto gli artisti e gli spettacoli per la nuova programmazione di Teatro Libero?

Mi piace sempre collaborare nella direzione artistica, lo faccio anche in altri teatri e con altri artisti. Penso che la stagione di Teatro Libero rispecchi un po’ quelli che sono i punti di collaborazione e di forza degli ultimi anni, come la collaborazione con Carlo Emilio Lerici del Teatro Belli di Roma. Sono stato codirettore del Teatro Belli per due anni ed è un teatro che mi è rimasto nel cuore. Sono stato felice di chiamare Carlo Emilio Lerici e di averlo come codirettore di Teatro libero. Negli ultimi anni ho sempre collaborato con qualcuno, per poter meglio comprendere le linee e scegliere cosa far vedere.

In questa stagione Teatro Libero ha scelto artisti più giovani ma, naturalmente, anche nomi importanti per la città, punti di riferimento, puntando soprattutto sulla drammaturgia contemporanea.

 

Durante una conferenza stampa lei ha parlato dell’idea di unirvi tra artisti e teatri per formare un nuovo punto di forza per il teatro. Lo farete?

Credo che nel futuro, anche nella gestione di spazi a Milano, nell’impoverimento di risorse generali che la residenza sia una risorsa importante. Ci sono alcune regioni italiane che coltivano e finanziano le residenze di grandi artisti, luoghi dove ci sono degli spazi teatrali dove poter far nascere idee,  coadiuvati da altre forze. Questa idea mi piace molto.

Teatro Libero è un posto piccino, malgrado la vocazione e l’affetto del pubblico e credo che l’idea di coordinarci in un progetto di residenza con altri artisti possa essere un buon progetto.

 

Come vede il futuro del Teatro e dell’arte in genere?

Non ho una palla di vetro. Una volta mi illudevo di più, ero più sereno.

Serve qualcosa di importante che al momento non c’è e non si riesce a vedere. Continuo ad andare avanti anche se non riesco a vedere il futuro. Non sono pessimista però mi è difficile, in maniera obbiettiva, indicare una strada. Forse bisognerebbe guardarsi intorno, guardare anche chi sta vicino, coltivare il territorio in maniera più profonda e cercare di seminare e di far crescere qualcosa. Perchè a guardare troppo lontano non si vede niente: è come viaggiare nella nebbia.

 

 

www.teatrolibero.it

 

 

 

(Novembre 2011)