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TEATRO - Chiara Francini e Emanuele Salce protagonisti al Teatro San Babila di Milano con "Ti ho sposato per allegria"

Da 7 al 16 novembre è in scena, al Teatro San Babila di Milano, "Ti ho sposato per allegria" con Chiara Francini e Emanuele Salce.

“Dov’è il mio cappello?”. La commedia di Natalia Ginzburg comincia così. C’è un’impossibile famigliola, con tanto di suocera, cognatina e governante, tutti insieme a fare il teatrino delle proprie parti, dentro a un gioco di parodia che - segretamente - gioca con l’impossibile vocazione drammaturgica dell’autrice. Questo star sul filo (di seta, elegante e fragile) doveva essere il brivido preferito della Ginzburg che sfida tutte le regole della buona scrittura drammatica inventandosi un teatro delle assurdità che tuttavia non rassomiglia - né tecnicamente, né ideologicamente - al greve teatro dell’assurdo, di marca comunque e sempre maschile ed esistenzialista. Approda a una forma apparentemente impropria (i monologhi fiume, divertentissimi, e all’apparenza teatralmente impossibili) provocatoriamente, o meglio, sfrontatamente fragile e tuttavia, là dove pare disfarsi in frivolezza, farsi irresistibile.

Al centro di "Ti ho sposato per allegria" c’è una ragazzina in pericolo che si è fatta donna e ha deciso, come si conviene ad una donna, che è tempo di sposarsi. L’uomo che la sposerà avrà fatto un pensiero simile, forse, ma da un’altra prospettiva: la prospettiva adulta. Gli uomini nel teatro della Ginzburg mi pare siano tutti molto adulti. Ciò non impedisce loro di essere insensati, anzi, ma lo sono dalla prospettiva comicamente più greve di chi ragiona – o ci prova – sul senso della propria vita ricercando somiglianze: coi propri simili adulti normali. Le ragazze della Ginzburg, invece, soffrono e splendono d’una vocazione per l’originalità, propria e altrui. La ragazza e l’uomo si vedono e poco dopo si sposano. Un matrimonio fatto per allegria. Ma poi il matrimonio si fa famiglia e con essa arrivano le regole, una delle quali è che bisogna essere uguali a tutte le altre famiglie. Nasce il gioco (divertentissimo e insieme triste) della “casa”. E con esso, per uguale allegria, la Ginzburg fa nascere il gioco del suo teatro.

Dividono la scena con Chiara Francini (Giuliana) e Emanuele Salce (Pietro), Anita Bartolucci (madre), Giulia Weber (Vittoria) e Valentina Virando (Ginestra).

Regia di Piero Maccarinelli.

 

Note di regia

Natalia Ginzburg è una delle più raffinate e a acute scrittrici italiane degli ultimi anni. La sua lingua, secca, essenziale, talora tagliente, con il suo gusto e gioco della ripetizione, risulta una delle più interessanti nel panorama della scrittura teatrale. Inoltre il suo tema d’elezione “la famiglia” affrontata nei suoi romanzi e nel suo teatro, è un tema che per anni ho seguito come direttore artistico di Artisti Riuniti e come regista. Mi ha sempre interessato ogni declinazione del tema familiare. Inevitabile quindi l’incontro con questo testo propostomi da Roberto Toni. Giuliana e Pietro sono una famiglia, giovane e strana, attorno a cui ruotano le figure familiari della madre di Giuliana, solo evocata, e della madre e della sorella di Pietro. Il padre, il maschio, è assente. Un solo uomo, Pietro, e quattro donne, il maschio è già stato disarcionato dalla Ginzburg dal suo piedistallo nella prima metà degli anni Sessanta. E’ il femminile che interessa l’autrice, la figura della madre “che si dà pena” e quella della probabile futura madre, Giuliana “un giorno sarà madre anche lei?” chiede la madre a Giuliana. L’autrice vuole parlarci di Giuliana, della donna, delle sue amiche Topazia ed Elena, l’ottimista e la pessimista, della leggerezza del femminile, della sua vitale importanza. Il maschio vive di luce riflessa, Pietro è in questo quadro perché ha sposato Giuliana “per allegria”. Insomma si declinano i diversi modelli femminili, le molteplici possibilità di essere donna. Giuliana passa in punta di piedi nella vita, sfiorandola con grazia: ma non è una farfalla, non ha il pungiglione, quindi non è nemmeno una vespa. E’ graziosa e porta allegria, il suo pensiero è liquido, il suo apparente saltare “di palo in foglia” o “di palo in frasca” trova degli argini di improvvise profondità. Sorprende per la sua grazia e la sua allegria, ma anche per il suo modo di affrontare la vita e i suoi valori. Vive nel presente, il suo futuro e il suo passato sono per lei meno interessanti e lo diventano inevitabilmente anche per noi, disponibili a farci trascinare dal suo transitare fra emozioni e vita. Testo atemporale per eccellenza, non ha bisogno di essere trasportato all’oggi. Perché è già oggi. Anche se scritto negli anni Sessanta, forse gli ultimi anni in cui una generazione di scrittori e intellettuali ha saputo proiettare ombre di preveggenza su questi nostri anni più poveri e grigi. Il testo ha bisogno di interpreti “leggeri”, ma capaci di improvvise profondità, e mi sembra che li abbiamo trovati.

 

Info

Teatro San Babila

Corso Venezia, 2/A - Milano

Biglietteria: 02 798010

ufficiostampa@teatrosanbabilamilano.it

www.teatrosanbabilamilano.it

 

 

 

(Ottobre 2014)