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Nomadi e Omnia Symphony Orchestra

Il doppio album “Orchestra” realizzato dai Nomadi e la Omnia Symphony Orchestra, diretta dal maestro Bruno Santori, è uno straordinario documento sonoro e visivo che rende il giusto onore a uno dei gruppi fondamentali della scena rock italiana, che in oltre quattro decenni è riuscita a superare indenne il mutamento schizzofrenico delle mode musicali, ma si è creato un seguito intergenerazionale con giovani estimatori al fianco dei fan storici.

Grazie al lavoro del maestro Bruno Santori, alla guida della Omnia Symphony Orchestra, le 32 canzoni presenti nell’album, selezionate abilmente dall’immensa produzione dei Nomadi, acquistano un nuovo magnetismo in una veste completamente rinnovata. La grande orchestra sinfonica arricchisce ulteriormente le canzoni con sfumature dai toni morbidi o accesi, trovandosi in perfetto connubio con il gruppo pop-rock.

Canzoni come “La collina” e “Asia”, nelle quali gli archi s’intrecciano armoniosamente con le chitarre elettriche, creando una perfetta fusione fra l’orchestra e il gruppo rock compongono il manifesto del progetto “Orchestra”.

Emozioni altrettanto intense suscitano i suggestivi violini pizzicati di “Auschwitz”; il pianoforte di Beppe Carletti che “dirige” l’intera orchestra in “Confesso”; la straordinaria interpretazione vocale di Danilo Sacco in “L’aviatore” e “Trovare Dio”; i fiati in stile americano di “Sangue al cuore”; l’accorato appello a due voci (Danilo Sacco e Massimo Vecchi) contro la pena di morte di “Una storia da raccontare”; il rock sinfonico di “L’ultima salita” dedicata a Marco Pantani; la grinta rock vocale di Massimo Vecchi intrecciata ai violini in “Amore che prendi amore che dai”.

E naturalmente ci sono i capolavori immortali firmati da Francesco Guccini, che ha scritto per il gruppo canzoni che sono ancora oggi  di un’attualità impressionante se si pensa a brani come “Noi non ci saremo”, scritta nel 1966 e che ha come tema le esplosioni nucleari o “Canzone per un’amica”che parla di una ragazza che ha perso la vita in un incidente stradale, argomento oggi più che mai drammaticamente attuale.

L’album contiene due canzoni inedite, registrate in studio senza l’orchestra, che testimoniano quanto sia ancora vitale l’anima rock della band di Novellara.

Il primo singolo “Ci vuole un senso”, scritto da Beppe Carletti assieme alla figlia Elena e Danilo Sacco, è fedele allo spirito di grande positività che caratterizza da sempre le composizioni dei Nomadi.

Il secondo inedito è “La mia terra” interpretato da Danilo Sacco e Massimo Vecchi, ballata coinvolgente nata come testo sull’immigrazione, affronta un tema universale e può essere riferita a un nuovo legame sentimentale, un nuovo lavoro, a qualunque cambiamento importante nel percorso di un essere umano.

 

“Orchestra” è l’incontro di due mondi musicali: il pop rock e la musica sinfonica.

Due mondi differenti che trovano un linguaggio unico con cui dialogare, capirsi e farsi capire.

Un incontro bello ed emozionante tra due discipline musicali, tra due diversi modi di concepire la musica estremamente contagioso per il pubblico.

Nel doppio album (+ dvd) è evidente l’abbraccio dell’orchestra con i Nomadi: un abbraccio che si allarga verso il pubblico e lo coinvolge, lo contiene con la forza delle note, con l’entusiasmo tipico del poter fare le cose insieme.

Non solo un disco ma una bella storia di amicizia maturata tra i Nomadi, che sono una delle istituzioni della storia musicale italiana e il maestro Bruno Santori, capitano e regista di questa bellissima avventura, che ha diretto gli straordinari professori della Omnia Symphony Orchestra.

 

I Nomadi secondo Bruno Santori

 

Lavorare insieme ai Nomadi è stato emozionante.

Mi hanno emozionato le loro canzoni così come mi ha emozionato il loro modo di essere, il loro modo di vivere.

La realizzazione di questo disco, come dice il grande amico Beppe Carletti, è stato un “percorso di vita” che abbiamo fatto insieme. In effetti sarebbe riduttivo dire che “abbiamo fatto un disco insieme” perchè fra me e i Nomadi è nata una grande amicizia e, se mi si permette il termine, un’intesa “spirituale”.

Del resto, i fans dei Nomadi lo possono testimoniare apertamente, il gruppo dei Nomadi non è solo un gruppo musicale ma qualcosa di più: è veramente un “angolo di ritrovo”, una dottrina spirituale per la vita, un credo, una filosofia.

Aver avuto l’opportunità di orchestrare i brani dei Nomadi per me è stato entrare in questo “clima”, non solo musicale perchè li ho seguiti per un lungo periodo, vivendo molto tempo insieme a loro, parlando, andando a cena insieme. Ho seguito i loro concerti, qualche volta mi hanno invitato sul palco dandomi modo di suonare il pianoforte su qualche loro brano: credo che da qui sia nata questa intesa.

Poi, pian piano, siamo veramente entrati uno dentro l’altro, in questo clima d’amicizia.

Quando ho avuto la lista delle canzoni che avremmo eseguito insieme, riascoltando una serie di registrazioni live di questi brani, ho capito che l’orchestra avrebbe dovuto essere plasmata su di loro e non il contrario.

Quindi mi sono sentito addosso una grande responsabilità, quella di non tradire il pubblico dei Nomadi, orchestrando in modo sbagliato le loro canzoni.

Per farlo ho dovuto vivere la profondità del rapporto dei Nomadi con il loro pubblico, che è un rapporto”speciale”, molto diverso da quello che c’è normalmente tra il pubblico e un artista. Per cui mi son detto che in quel caso non avrei dovuto fare solo il direttore d’orchestra ma avrei avuto la responsabilità di quello che avrei consegnato al pubblico dei Nomadi. Forse a qualcuno sembrerà incredibile ciò che sto dicendo ma in effetti la mia paura era proprio quella di tradire il pubblico.

Così per tre mesi mi sono veramente “ritirato” in casa, nel mio studio, in tuta da ginnastica, da solo. Qualche volta soffrendo, magari buttando via del materiale per poi riscriverlo perchè capivo che non avevo centrato ciò che loro cercavano di dare con una canzone.

Nelle canzoni dei Nomadi c’è scritto tutto.

Io continuo a ripetere che non ho arrangiato questi brani perchè sono arrangiati dai Nomadi.

Io li ho “orchestrati”. E’ diverso.

Mi sono immerso nelle canzoni dei Nomadi un po’ come fa un attore quando si deve calare in un ruolo di un copione, quindi ho cercato di studiare il personaggio che avrei dovuto interpretare.

Ma il personaggio esiste davvero: va solo colto.

Il mio ruolo è stato quello di riconsegnare alla storia ciò che è di proprietà della storia.

(pensieri raccolti da Elisabetta Di Dio Russo)

 

Il gruppo dei Nomadi è formato da: Beppe Carletti (tastiere e pianoforte), Danilo Sacco (voce), Massimo Vecchi (voce e basso), Cico Falzone (chitarra), Daniele Campani (batteria) e Sergio Reggioli (violino e percussioni)

Foto di Sergio Grandi