Omar Pedrini è uno degli artisti più espressivi e rivoluzionari della musica italiana.
Non solo artista ma anche docente del Master di “Comunicazione musicale per la discografia e i media” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, da tre anni è alla guida del Val Trompia MusicArt, un festival basato sulla contaminazione tra le arti, organizzato in luoghi insoliti, ricchi di storia e fascino come le miniere lombarde.
In questa intervista Omar Pedrini racconta come è nato il festival, presentando qualche anticipazione della nuova edizione che debutterà il 20 luglio prossimo.
Com’è nata l’idea di realizzare un Festival come MusicArt?
Il festival è nato dieci anni fa con il nome di “Brescia MusicArt”. Vennero fatte quattro splendide edizioni nella città di Brescia. L’idea è nata in parte dal mio percorso artistico e in parte dalla mia forte convinzione sul principio di contaminazione tra le arti.
Penso che sia fondamentale far dialogare tra loro diverse espressioni artistiche come musica, pittura, letteratura, teatro, cinema. (Fra l’altro è anche la materia che insegno in università)
Perchè avete scelto di realizzarla in luoghi particolari come quelli della Val Trompia?
La scelta di realizzarla nei luoghi suggestivi della valle non è stata casuale: ad un certo punto non ho più avuto l’investimento, da parte del Comune di Brescia, pari ai miei sforzi ed alla grande affluenza di pubblico che presenziava agli spettacoli di questa manifestazione originale, che nel tempo è stata copiata da parecchie altre manifestazioni basate sul principio della contaminazione tra le arti. (Basti pensare ad eventi come La Milanesiana o ad altre rassegne, anche meno impegnative dal lato economico di quella di Milano, ma con lo stesso concetto di base, che sono sorte negli ultimi anni)
Ho avuto la fiducia da parte della Comunità Montana che voleva rivalutare alcune zone molto belle della Val Trompia. Facendo dei sopralluoghi nella valle e vedendo oltre le bellezze naturali anche i luoghi antichi di lavoro come le miniere, mi sono reso conto che sarebbe stato fantastico portare i colori dell’arte in luoghi così ricchi di fascino. L’idea è piaciuta e da tre anni faccio il “partigiano” in questa splendida valle.
Le è dispiaciuto non poter più realizzare il festival a Brescia?
Più che altro devo dire che ancora mi stupisce che una città come Brescia abbia rinunciato ad un evento come il MusicArt.
Ma in fondo penso che la scelta di una location così singolare, anche se è nata da un dolore e dallo sforzo enorme di ricostruire una manifestazione nuovamente da zero, sia stata comunque premiata dal pubblico. Siamo giunti ormai alla terza edizione e se è vero che la riuscita di un festival si giudica alla terza edizione significa che siamo veramente a cavallo!
Quindi il bilancio del festival fino ad oggi è positivo?
Direi di sì: sia come affluenza di pubblico, sia come qualità degli spettacoli e degli artisti che vi partecipano: basta dare un’occhiata al calendario delle due edizioni precedenti, insieme al calendario dell’edizione 2007 per capire che il MusicArt è un festival di primissimo ordine.
Quest’anno la rassegna si aprirà con un omaggio a Augusto Daolio, voce storica dei Nomadi.
E’ il quindicinale della sua morte e mi sembrava giusto celebrare un grande artista come Augusto, che non ha fatto parte solo del mondo musicale ma anche della pittura. Infatti ci sarà una mostra con alcune sue opere inedite.
Quale sarà il tema portante in questa edizione?
Oltre la contaminazione tra le arti, che è da sempre il tema centrale del festival, quest’anno sarà in particolar modo evidenziato il concetto di immigrazione.
La parola “immigrazione” è d’abitudine riferita agli immigrati che lavorano (non quelli che delinquono) nel nostro Paese, ma c’è anche una contaminazione culturale a cui si fa meno riferimento che sarà, in questo caso, approfondita dallo spettacolo “Amara terra mia-essere umani in costante movimento” che vede Giuseppe Battiston e il gruppo libanese dei Radiodervish in una performance dedicata a Domenico Modugno che è proprio un ottimo esempio di contaminazione tra le arti e tra le culture.
C’è un ricordo particolare legato alla manifestazione?
Mi viene in mente Gianna Nannini che ha partecipato alla rassegna lo scorso anno con uno spettacolo unico: una performance di pittura, letteratura e musica molto coinvolgente che si è svolto alla miniera di Marzoli a Pezzaze.
Un altro ricordo è legato all’omaggio che è stato fatto nella passata edizione, in occasione del cinquantesimo anniversario della tragedia di Marcinelle, ai minatori italiani che hanno perso la vita in Belgio. Lo spettacolo è molto toccante, si intitola “Musi neri”, prodotto da Tozu, è realizzato da un gruppo di giovani artisti. Ho deciso di riproporlo anche in questa edizione perchè è uno spettacolo straordinario che merita molta attenzione.
Un bel ricordo è anche l’esibizione, sempre nella passata edizione, insieme a Giovanni Allevi, dove abbiamo proposto una miscela musicale tra Mozart e Jim Morrison.
Qual’è l’obiettivo che si augura di raggiungere il festival?
MusicArt vuole arrivare ad essere il più popolare possibile e dar modo alle persone di conoscere meglio le bellezze, la storia, i tesori, le risorse della valle e di scoprire
gli agriturismi, e tutti i prodotti tipici della zona.
Ma soprattutto è dimostrare che non esistono comparti stagni nell’arte, e che tutte le espressioni artistiche possono davvero dialogare tra loro.