“Certe persone non impazziscono mai. Che vita orribile devono avere!”
E’ con questa frase di Charles Bukowski impressa sull’ultima pagina del booklet di Malocuore che Stefano Tessadri riassume con acutezza tutta l’essenza contenuta nel suo secondo album, in equilibrio tra testi cupi e sonorità spesso più solari ed allegre.
Artista nostalgico, si autodefinisce “crepuscolare” quando parla dei suoi testi che spesso si incontrano magicamente con musiche più allegre e vitali.
In questa intervista spiega il significato di “Malocuore” e la sua passione per le atmosfere western.
Il suo ultimo album si intitola Malocuore. Come mai un titolo così impegnativo?
Mi piaceva molto il suono di questa parola. Diciamo che il titolo più che con un significato ha a che fare con un “significante”. E poi la canzone cui fa riferimento il titolo dell’album è un pezzo che io ho scritto molto tempo fa ed è forse il brano più autobiografico contenuto nel disco.
In alcune tracce dell’album ci si immerge in atmosfere western che ricordano certe colonne sonore di Morricone. Da dove arriva la passione per questo particolare genere musicale?
Non nego la mia passione per Morricone e questo genere musicale anche se la scelta di questo tipo di musica è stata dettata dai personaggi descritti nelle mie canzoni che sono tutti, come dire “al limite” e si muovono in questo far west immaginario, dal gruppo di streghe di “Il sabbato”, allo psicotico di “Girotondo” che decide di dar fuoco al padre.
Con l’uscita dell’album da parte della critica sono inevitabilmente scattati i paragoni con alcuni grandi artisti. E’ una cosa che le dà fastidio?
Devo dire che non mi ha mai dato fastidio: certo che se qualche critico propone un paragone indicandolo come una mancanza di originalità le cose cambiano!
Sono consapevole che il disco risenta effettivamente anche delle influenze di stili di altri artisti. Purtroppo in Italia da parte della critica musicale c’è la strana consuetudine per spiegare il lavoro di un artista di fare paragoni con il lavoro di un altro artista, magari più famoso. Inspiegabilmente però i paragoni scattano esclusivamente quando si parla della canzone d’autore.
Eppure il pop o il rock italiano è quasi tutto uguale ma nessuno dice nulla!
Nell’album vi è una canzone di Fabrizio De Andrè, “La ballata degli impiccati”. Come mai la scelta è caduta proprio su quel barano di De Andrè?
“La ballata degli impiccati” fa parte di “”Tutti morimmo a stento”, un disco di De Andrè che io amo molto. E’ un pezzo che eseguo spesso nei miei concerti. Ho scelto di inserirlo in Malocuore proprio perchè mi sembrava molto vicino al clima da far west e ai temi trattati nel mio disco, in più ho avuto la fortuna di interpretarlo insieme a Oliviero Malaspina che è stato l’ultimo collaboratore di Fabrizio De Andrè e di avere tra i musicisti che hanno eseguito con noi il pezzo anche Michele Ascolese, chitarrista storico di De Andrè. Diciamo che è stata una bella rimpatriata emotiva!
Lei arriva da una realtà musicale molto paricolare, quella del Caravanserraglio di Milano. Quanto le è servita quell’esperienza per la sua formazione di artista?
L’esperienza fatta al Caravanserraglio per me è stata fondamentale: una palestra dove potersi allenare artisticamente, un laboratorio dove poter provare, inventare.
Il Caravanserraglio era una vera officina artistica e musicale che ha dato la possibilità a molti giovani artisti di avere un palco ed un pubblico dove potersi esibire, confrontare e dove poter sperimentare. Credo sia stata una bella fortuna aver potuto partecipare a quell’esperienza di notevole spessore artistico.
Purtroppo come tutte le esperienze bellissime è terminata ma è entrata a far parte del bagaglio delle nostalgie.
Pensa che bisognerebbe creare altre occasioni come quella del Caravanserraglio?
Sì perchè ormai la discografia in Italia ha molti problemi, per non dire che è quasi completamente allo sfascio! Credo che l’unica arma efficace per destreggiarsi nel mondo della musica o comunque per chi fa questo mestiere sia il live, l’esibizione. Quindi ben vengano laboratori come il Caravanserraglio!
Vedendola sul palco l’impressione è quella di una persona solare eppure lei scrive canzoni particolarmente cupe. Perchè?
Probabilmente perchè in fondo sono una persona un po’ cupa.
Credo di avere un po’ questa schizofrenia, nel senso che c’è una parte di me che ama un certo tipo di noir. Sono una persona nostalgica e come tutte le persone nostalgiche ho questi momenti “crepuscolari”.
E così è per le canzoni. Facendo riferimento ai miei due dischi il primo, “Dietro ogni attesa” ha sicuramente più venature notturne e lunari rispetto a “Malocuore” che dal punto di vista sonoro è un po’ più solare. I testi delle mie canzoni invece contengono quasi sempre dei testi particolarmente foschi.
Cosa detesta e cosa ama dell’ambiente musicale?
Diciamo che ciò che non condivido è una certa politica discografica che tende a preconfezionare, a creare a tavolino gli artisti per poi imporli sul mercato e venderli come se fossero un prodotto di largo consumo. E’ una realtà drammatica che non condivido. In ogni caso non mi piace generalizzare perchè fortunatamente non è sempre così: anche nelle grandi major qualche persona “illuminata” ogni tanto si trova.
Nel 2006 lei ha vinto l'edizione del Ciampi. Che significa per un giovane artista vincere il Premio Ciampi?
Il 2006 è stato un anno fortunato, ho vinto il premio del Mei ( quello delle etichette indipendenti) e il Premio Ciampi. Il significato è un po’ una verifica che ti fa capire che la strada che stai percorrendo è quella “giusta”. Gli artisti sono talmente tanti che l’essere notati è sicuramente interessante e gratificante e ti ripaga di tutti i sacrifici fatti da solo e con i collaboratori che hanno sofferto con te.
Perchè tra le canzoni di Piero Ciampi ha scelto proprio “Il merlo”?
Ciampi è conosciuto come un autore un po’ dark, se si pensa ai suoi brani dai climi cupi come “Il vino”, “Tu no” e mi piaceva l’idea di proporre uno dei Ciampi meno visitati, quello più scanzonato. E per evidenziare una sfaccettatura un po’ inconsueta di questo grande autore ho scelto “Il merlo” che ho arrangiato insieme alla mia band con sfumature tex- mex e surf anni ’60.
Dal momento che “Il merlo” le ha portato fortuna inserirà il pezzo nel suo prossimo album?
Penso proprio di sì.