“In Italia, o dolce Italia...” dicevano le parole di una bella canzone di qualche tempo fa scritta ed interpretata da Eugenio Finardi.
Ma che fine ha fatto la “dolce Italia”?
L’Italia che vediamo arrancare di giorno in giorno e procedere con ritmo affaticato somiglia ancora all’Italia descritta da Finardi?
In un Paese dove i comici si interessano di politica e dove alcuni esponenti della classe dirigente della seconda Repubblica finiscono per invadere il terreno che dovrebbe essere esclusivamente territorio dei comici, ci si dovrebbe porre almeno qualche domanda.
Detto questo non significa che per vedere uno spettacolo di cabaret si debba scambiare il teatro Zelig con Montecitorio: la politica è e deve rimanere una cosa sacra, da rispettare, da difendere perchè è il motore di un Paese.
Però quando accendi la tv, pigi i tastini sul telecomando e facendo zapping, di canale in canale, ti accorgi che Beppe Grillo discute animatamente e soprattutto coerentemente sull’affare Telecom e cambiando canale, scopri il Presidente della Camera che, ospite della trasmissione radiofonica di Fiorello, ride e scherza con il conduttore, il dubbio che ci sia qualche sintomo di qualcosa che non funziona ti sfiora.
Esattamente come quando ti chiedi perchè la tv di Stato è così poco parsimoniosa e seguita a scialacquare i soldi degli abbonati in programmi insulsi, che vengono cancellati dai palinsesti dopo poco tempo di agonia nelle sale di rianimazione dell’auditel per poi soccombere, perchè proprio non c’è nulla da fare ma, malgrado le mani bucate ed un fiasco dietro l'altro, non smette di pretendere il canone dalle vecchiette che stentano ad arrivare alla fine del mese.
Così come ti chiedi perchè si continua a morire di quella nuova malattia che si chiama “malasanità” senza che ci sia nemmeno un’associazione che ti venda le arance o le azalee per la ricerca sui farmaci che possano debellarla.
E rimani perplesso pensando che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro perchè, se poi conti il numero dei disoccupati e quello delle morti bianche, capisci che i conti alla fine non tornano e che forse se l’Italia fosse stata fondata sulla disoccupazione, anzichè sul lavoro, probabilmente tutti i lavoratori a tempo determinato non sarebbero così incazzati e magari ci sarebbe pure qualche morto di meno.
Ma ti rincuora il fatto che l’Italia è un Paese libero, il Paese dell’accoglienza per eccellenza, un Paese che sta diventando multietnico, pronto ad accogliere persone da ogni parte del mondo perchè, in fondo, siamo tutti fratelli, bianchi, neri, gialli.
Ma poi ti accorgi che la maggior parte degli stranieri, che approdano nel nostro Paese convinti di trovare un futuro migliore, scoprono l’inferno dello sfruttamento e si rendono conto che in Italia la schiavitù esiste ancora.
Ma sai anche che alla fine l’Italia è un Paese di persone perbene anche se non puoi farti uno spinello senza sentirti un drogato, anche se sai che se sei alcolizzato nessuno dice niente e puoi permetterti perfino una strage del sabato sera, una ogni tanto.
E in mezzo a mille dubbi, a mille domande sul futuro di questo Paese, nei confronti di quest’Italia moralista, riesci ancora a posare il tuo sguardo benevolo e non ti importa più della famiglia, del divorzio, delle unioni di fatto, delle coppie gay, dei DICO e dei non DICO: perchè se proprio non si può dire nulla, almeno...”sussurriamolo”.