“Un uomo” è il titolo di un cofanetto “d’arte preziosa” che contiene i maggiori successi di Eugenio Finardi più 12 inediti, dai classici degli inizi fino ad “Anima Blues”, ultimo album dell’artista american-milanese.
59 canzoni in tutto, tra cui spiccano pezzi straordinari come la toccante “Amore diverso” nella bellissima interpretazione insieme a Carla Denule, scritta da Finardi circa 25 anni fa e realizzata con i musicisti della tradizione popolare italiana.
In questa intervista Eugenio Finardi traccia il bilancio dei suoi primi trent’anni di carriera, parla dei problemi della musica italiana e di un Paese che non assomiglia più alla “Dolce Italia” descritta anni fa in uno dei suoi successi discografici più amati dal pubblico.
“Un Uomo” è il titolo di un cofanetto che contiene 4 dischi con 59 canzoni, la maggior parte tratte dal meglio della sua produzione più alcuni inediti.
“Un uomo” vuol essere un bilancio, un diario del suo percorso artistico?
Diciamo che è più un diario...la mia carriera spero non sia ancora finita!
Quando mi hanno proposto di realizzare questo cofanetto riepilogativo, ascoltando tutte le canzoni mi sono reso conto che alla fine avevo scritto, in 23 album, un lunghissimo diario della mia vita, della mia crescita artistica e di tutto ciò che mi è successo nel corso degli anni, con le varie ripercussioni sulle mie emotività. “Un uomo” in fondo è un lunghissimo racconto attraverso la musica.
Le canzoni comprese nei quattro cd testimoniano la mia vita, compresa quella segreta: nel quarto cd vi è infatti il “cassetto segreto” con le canzoni mai pubblicate, che credo faccia venire fuori il ritratto completo della mia esistenza.
Nelle canzoni affiorano i vari aspetti della personalità di Eugenio Finardi.
Lei si sente più vicino a canzoni come “Un uomo”, a canzoni molto delicate come “Amore diverso” o a canzoni più aggressive come “Gocce di Valium”?
Dipende dai momenti. Ci sono momenti in cui mi sento particolarmente “tenero”, capita per esempio quando sto mettendo a letto mia figlia, e mi sento vicino a canzoni come “Amore diverso”, (canzone che nella nuova versione contenuta nell’ultimo disco con la partecipazione di Carla Denule piace davvero molto), altri momenti in cui magari sono più “incazzato” e allora mi sento più in sintonia con canzoni come “Gocce di Valium”. Molto dipende dagli stati d’animo: c’è un momento per ogni canzone!
Nel 1987 lei ha scritto ed interpretato “Dolce Italia”. Oggi, a distana di anni ha ancora la stessa visione dell’Italia e riscriverebbe ancora quella canzone con le stesse parole?
No.
Mi sono accorto che l’Italia è semplicemente “in ritardo” rispetto all’America.
Purtroppo l’Italia negli ultimi anni si è inasprita molto, soprattutto le persone ed anche la bellezza dell’Italia è cambiata, anche se al di fuori dei grandi centri rimane ancora un Paese molto dolce: è la politica che si è indurita tantissimo.
Parlando di politica e di società, un suo vecchio successo si intitola “Extraterrestre”. Secondo lei chi sono attualmente gli extraterrestri?
“Extraterrestre” è una canzone che parla di un ragazzo che cerca di fuggire da se stesso.
Purtroppo siamo tutti fin troppo umani ed extraterrestri che vengono nel nostro mondo non ne vedo. Però vedo molte persone che cercano di fuggire da quello che sono per diventare persone diverse. Tutti questi segnali che arrivano dalla politica, dai vari partiti sono un po’ il segno di questa voglia di cambiare.
La musica sta vivendo un momento di crisi. Secondo lei dove è diretto il futuro della canzone d’autore?
Ci sono alcuni giovani artisti come Samuele Bersani, Carmen consoli, Simone Cristicchi che sono il “futuro” della canzone d’autore.
Il problema non sono gli autori, gli artisti, ma il supporto, il meccanismo economico che non permette più agli autori, agli artisti di sopravvivere. Tutto gira attorno ad uno strano meccanismo industriale per cui o riesci ad entrare in quel meccanismo e sei uno di quei pochissimi prodotti che vengono spinti e lanciati o altrimenti non c’è nulla da fare perchè non esiste un’altra scelta.
Lei ha citato Carmen Consoli, Simone Cristicchi che appartengono alle nuove generazioni di artisti. Qual’è il suo rapporto con i giovani?
Da quando mi sono rimesso a suonare il blues con la mia nuova band “Anima Blues”, con cui ormai da quattro anni giro l’Italia, devo dire che ci sono stati molti ragazzi tra il pubblico che ci hanno riscoperto con grande sorpresa. Probabilmente perchè si sono ritrovati davanti ad un sound che non si aspettavano, per loro nuovo. Poi io ho un figlio di 17 anni e una figlia di 25 quindi ho a che fare con le nuove generazioni molto da vicino. La cosa buffa è che molti ragazzi di oggi ascoltano gli stessi dischi che io ascoltavo alla loro età.
Mio figlio ascolta Led Zeppelin, gli Iron Maidem, i Van Halen che sono gli stessi artisti che io ascoltavo alla sua età. Ma anche se cerco di condividere la stessa passione per quel genere musicale per mio figlio ho sempre 55 anni e sono il suo papà. Anche se sono stato un testimone di quell’epoca musicale e sono tutt’ora un vecchio rocker per mio figlio, nel caso del papà, arriva prima il “vecchio” del “rocker”!
Poesia e musica. E’ vero che le canzoni hanno un po’ sostituito le poesie?
In un certo senso sì, soprattutto per i ragazzi.
Le canzoni, le poesie sono come le bottigliette in cui si inserisce un’emozione, la si può contenere, capire, guardare dall’esterno, sorseggiare.
Una volta la poesia aveva questa funzione. Ora ce l’ha la canzone.
Fernanda Pivano ha detto di lei che “vive avviluppato nella poesia”. Si ritrova in questa definizione?
Sì, io cerco sempre l’aspetto poetico in tutte le cose.
Cerco di inserire un minimo di poesia, di bellezza, di sentimento in qualunque cosa faccio.
Questo mio modo di fare mi ha portato a vivere e ad avere una vita ricca di poesia.
Però tecnicamente mi considero un musicista e non un poeta.
Sono anche autore di testi, un librettista. Ma i poeti sono un’altra cosa.