Remo Girone torna sulle scene italiane con una nuova commedia.
L’attore debutterà il 16 ottobre al Teatro Eliseo di Roma con un dramma di Eugene O’ Neill, “Lunga giornata verso la notte” che vede la regia di Piero Maccarinelli.
Tra i protagonisti anche Annamaria Guarnieri, Luca Lazzareschi e Daniele Salvo.
In questa intervista Remo Girone rivela qualche anticipazione sul suo nuovo lavoro teatrale ed espone il suo punto di vista su teatro, tv e media.
Qual è la personalità del personaggio che interpreta in “Lunga giornata verso la notte” ?
Interpreto il ruolo di un padre di famiglia: un uomo di origini irlandesi, che ha avuto un’infanzia povera, molto attaccato alle sue radici ed alla religione cattolica. In questo caso sono il padre di Eugene O’Neill, che è stato un grande attore americano. La storia è quindi autobiografica, in questa commedia l’autore parla di se stesso, della sua famiglia e la vicenda si svolge nell’arco di una giornata, in una casa al mare nel Connecticut.
Cosa le piace di questa commedia?
Mi piace la contemporaneità di questa commedia: tutto è molto attuale, reale. Malgrado sia stata scritta nel 1941.
Le tematiche trattate sono attualissime: c’è il problema della religione, dell’ateismo, gli scontri verbali tra padre e figli sostenuti da un rapporto d’amore e d’odio.
C’è il problema della grande notorietà del padre che “soffoca” i figli che non riescono ad ottenere lo stesso successo professionale. E questo accade anche oggi perchè difficilmente i figli che seguono le orme dei genitori riescono ad ottenere lo stesso successo.
La commedia è uno spaccato di vita molto interessante e credo che ci si possano riconoscere molte famiglie.
Qual è secondo lei il momento più intenso della commedia?
Secondo me tutto lo spettacolo è molto “forte”, proprio per gli argomenti che vengono toccati.
In origine erano quattro atti, abbiamo fatto diversi tagli per rendere la commedia più fluida e godibile ed ora è divisa in due parti.
E’ uno spettacolo molto teso, intenso, misterioso.
Solo alla fine della seconda parte vengono svelati i grandi misteri.
Lei è stato interprete di personaggi “forti” come Tano Cariddi nella serie televisiva “La Piovra”. La vedremo mai in un ruolo più leggero, più scanzonato?
Beh’ recentemente mi è capitato di recitare in un ruolo diverso nel film “Il 7 e l’8” di Salvatore Ficarra e Valentino Picone. E’ stata un’esperienza divertente.
Comunque anche in “Lunga giornata verso la notte” ho un ruolo diverso dal solito: il ruolo di un padre che lotta per tenere unita la famiglia. E’ un ruolo bellissimo che non ha nessuna delle caratteristiche dei personaggi cattivi che ho interpretato in passato.
“Tano Cariddi” è rimasto impresso nella memoria delle persone perchè “La Piovra” è stata una fiction di molte puntate, di cui sono state realizzate diverse edizioni.
Ma in televisione ho fatto anche personaggi diversi e “positivi” come il commissario di Polizia in “Morte di una ragazza per bene” per esempio o il direttore di una radio (che era un personaggio davvero “buono”) nella fiction “Per amore”, dove ho recitato insieme a Anna Valle ma, essendo fiction di poche puntate, il pubblico forse si ricorda meno di quei ruoli.
Lei ha lavorato per il cinema ma ha recitato soprattutto per la tv e in teatro.
Le piace di più la tv o il teatro?
La televisione ha una rapidità sia nel tempo delle riprese che nel tempo della diffusione che il teatro non ha. Se una fiction è lunga ma soprattutto se è “ben fatta” viene vista da milioni di persone e riesce a dare una popolarità immediata. Quindi dal punto di vista della recitazione, dal punto di vista artistico, se capitano dei bei copioni è molto interessante.
Il teatro in realtà ha sempre la garanzia del testo teatrale: se ci si affida ad un testo “classico” si ha una sicurezza di base che parte proprio dal copione. Mentre per la televisione è un po’ più difficile avere questa sicurezza, questa garanzia: i copioni spesso sono scritti in fretta e a volte devono essere aggiustati, modificati.
Ma anche in televisione si possono realizzare dei prodotti di qualità.
Forse oggi in tv diventa un po’ complicato trovare dei ruoli adatti a persone della mia età perchè la tv tende a rivolgersi a fasce di spettatori molto giovani.
Però la tv ha la particolarità di raggiungere il grande pubblico che rappresenta una grande attrattiva!
Qual è il suo rapporto con la stampa: il successo di un attore, di uno spettacolo a suo avviso è determinato dal giudizio della critica o da quello del pubblico?
Dipende: fa sempre piacere avere i teatri pieni, questo è indiscutibile, anche perchè quando lo spettacolo piace al pubblico è una gioia andare in scena.
Uno spettacolo si ripete tutte le sere, magari per parecchi mesi e se non incontra il gusto del pubblico per noi attori diventa durissimo recitare!
Detto questo vorrei sottolineare che c’è un sistema, diciamo “di teatro” che così come viene fatto in Italia è “imperfetto” perchè anche per spettacoli di grande successo può esserci una penalizzazione: per esempio nel caso della commedia “Zio Vanja” di Cechov, diretta da Peter Stein, ricordo che a Roma siamo rimasti due settimane facendo il tutto esaurito e avremmo potuto starci magari anche un mese mantenendo lo stesso successo ma, siccome i teatri sono programmati in anticipo con altri spettacoli, alla fine della seconda settimana, malgrado le richieste del pubblico, abbiamo dovuto terminare le repliche.
Quindi non sempre è solo il pubblico a determinare il successo di uno spettacolo, ma entrano in gioco altri fattori.
Per quello che riguarda la critica devo dire che per noi attori è sempre molto importante.
Il critico è uno “spettatore più esperto”, che vede molto teatro, che ha una buona cultura teatrale, conosce i testi, gli attori, i registi sa cosa succede nei teatri di altre parti del mondo e che quindi ha gli strumenti adatti per poter giudicare, commentare uno spettacolo.
Certo, una critica negativa fa star male: ma fa parte del nostro mestiere.
Può mandare parecchio in crisi ma può anche rappresentare un aiuto per migliorare, se è ben fatta.
Secondo lei la critica è ancora in grado di “condizionare” il pubblico?
Penso di sì.
E non solo per quanto riguarda il teatro ma anche per quanto riguarda la televisione.
E se la critica è “ingiusta”?
Lei deve tener presente che anche il critico ha un suo pubblico, proprio come noi attori, che è costituito dai lettori. Se un lettore legge una critica brutta e vedendo poi lo spettacolo si accorge che l’autore della critica ha sbagliato in pieno...può darsi che anche il critico in questione perda uno “spettatore”, non crede?
E’ una diversa chiave di lettura...però è vera!
Alla fine è così: il critico risponde dei suoi errori ai suoi lettori esattamente come noi attori rispondiamo dei nostri al pubblico e alla critica!
Nella sua carriera si è dedicato a cinema, tv, teatro, ha ricevuto riconoscimenti prestigiosi. Vi è un desiderio che la sua carriera ancora non ha esaudito?
Ma guardi, le cose sono molto strane: certe volte ho pensato, magari riguardo ai grandi classici di essere adattissimo ad interpretare certi ruoli, che certi personaggi erano perfetti per me. Poi è capitato che interpretandoli il risultato non era quello immaginato.
Ci sono stati registi che mi hanno offerto ruoli che mi sembravano inadatti e invece avevano un effetto incredibile, erano perfetti per me.
Per un attore è importante lavorare sempre con registi diversi.
Fa piacere lavorare sempre nello stesso ambito però può succedere che se uno fa bene una cosa, come è successo con il personaggio di Tano Cariddi, poi gli propongano sempre quella.
Mi auguro quindi di avere sempre la possibilità di cambiare persone con cui lavorare, proprio per non rimanere “prigioniero “ di un personaggio troppo a lungo.