TEATRO - Filippo Timi in scena al Teatro Carignano di Torino con "Il Don Giovanni"
Dal 17 marzo Filippo Timi è in scena al Teatro Carignano di Torino con "Il Don Giovanni", di cui ne cura anche la regia.
Dopo l’Amleto, con questo spettacolo Filippo Timi continua il suo percorso di riscrittura e di reinterpretazione intervenendo su un testo classico con quella carica di humor nero, che fa presagire la morte, tanto che il suo Don Giovanni sa già di dover morire; conosce la sua fine; deve semplicemente rincorrerla.
Egli è il prototipo di una umanità volubile, che ha fame di potere, che ama la mistificazione e l’autoinganno, proprio perché sa che è condannata ad estinguersi, che non potrà esimersi dal suo appuntamento con la morte. Egli ha capito che la vita è ingiusta, una farsa che si trasforma in tragedia, e che la vita è giustificata solo dalla morte.
Questa consapevolezza lo trattiene, non lo fa bruciare, benché desideri di bruciare, essendo convinto che un desiderio morto non è più un desiderio.
Il suo rapporto con Donna Anna, Donna Elvira e Zerlina è molto teatrale, proprio perché la sua arte è tutta teatrale.
Donna Elvira è, forse, l’amore vero, quello che appartiene al passato, Donna Anna è l’amore ingannatore, e pertanto, violento, Zerlina è l’amore della seduzione, del desiderio di purezza. Tutte hanno le loro storie, così come Don Giovanni ha la sua, proprio per questo non si sottrae all’essere se stesso.
In scena con Filippo Timi anche Umberto Petranca, Alexandre Styker, Lucia Mascino, Matteo De Blasio, Elena Lietti, Fulvio Accogli, Marina Rocco e Roberto Laureri.
Tutti i personaggi si trovano ingabbiati negli straordinari costumi di Fabio Zambernardi, e nelle luci, di forte spettacolarità, disegnate da Gigi Saccomandi.
Lo spettacolo rimarrà al Teatro Carignano fino al 22 marzo. (foto di Achille Le Pera)
Note di regia
Don Giovanni conosce la sua fine, è solo questione di rincorsa. Don Giovanni è l’umanità volubile e insaziabile, l’umanità finalmente priva di quelle morali colpevoli dell’assurdo destino verso cui stiamo precipitando. E la colpa non è certo della storia, o di tutti quei Cristi che ci hanno professato amore, ma la nostra: la fame di potere insita nell’uomo, nessuno escluso, la fame di resistere, di mistificare, di ingannarsi piuttosto che sopravvivere. Meglio morire da idioti ma tutti insieme che svegliarsi e di colpo comprendere l’errore? Evidentemente sì. Ma stavolta l’evidenza lascerà una firma sanguinaria, una firma così profonda da spazzare via l’intera umanità. Don Giovanni è un’intera Storia dell’umanità che muore. Finalmente, dopo la sua rincorsa, dopo millenni di fame, eccolo pagare il conto. Non c’è scampo: se neppure un’umanità sveglia e godereccia, fuori dalle regole e concentrata sul piacere come Don Giovanni, non può esimersi dal suo più importante appuntamento con la morte, allora, neppure noi possiamo più far finta di nulla. Solo schiavi delle proprie miserie e desideri più neri ci si riappacifica con la propria infanzia, e si è pronti a vivere la morte. La vita è ingiusta, ecco che cos’è la vita, una farsa che si trasforma in tragedia. Vivo è solo ciò che muore, e solo amando si rischia davvero di toccare le vette gelide dell’estrema solitudine, e da lì sentire il canto delle sirene. Solo tradendo si raggiunge l’amore assoluto. Un desiderio morto non è più un desiderio. Don Giovanni non brucia mai veramente, desidera bruciare, promette l’inferno, la sua arte è teatrale, recita così bene la promessa che è impossibile non credergli o ancora meglio non desiderare credergli. Donna Elvira è il passato, è la conquista difficile, la conquista di un tempo lento, l’amore vero, la prima donna, l’amore che ritorna a chiedere il compenso di una promessa già fatta. Donna Anna è l’amore ingannatore, violento, un errore semi-calcolato, è l’amore che libera dal vecchio incubo e rende la donna libera di scendere verso un incubo ancora più cosciente, è l’amore compulsivo, immediato, sbagliato per definizione. Zerlina è l’improvvisazione, la dialettica della seduzione, è l’amore invidioso, la voglia di portare via la donna al marito, il desiderio di ritrovare quella purezza semplice di sposare la figlia del farmacista. Ognuno ha la propria storia, io la mia, tu la tua, voi la vostra e Don Giovanni ha la sua. Non l’ha scelto lui di nascere Mito, gli è capitato, e lui non si sottrae dall’essere se stesso. Ecco in cosa è grande. Non perché accetta la morte, deve per forza, come tutti. È grande perché accetta a pieno le conseguenze, inevitabili, dell’essere nient’altro che se stesso.
Info biglietti
tel. 011/5169555
Numero Verde 800.235.333
Biglietteria del Teatro Stabile di Torino | Teatro Gobetti - via Rossini 8 Torino (dal martedì al sabato, dalle ore 13.00 alle ore 19.00. Domenica e lunedì riposo)
Vendita on-line:
www.teatrostabiletorino.it
(Marzo 2015)