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L'INTERVISTA - Patrizia Palese: "Vi racconto la mia Caterina"
di Elisabetta Di Dio Russo

Nuovo progetto per la scrittrice - sceneggiatrice e ricercatrice storica Patrizia Palese che presto debutterà sulle scene teatrali italiane con “Caterina, donna d’amore”, spettacolo dedicato a Santa Caterina da Siena. La scrittrice romana che ha appena pubblicato il libro “Gli infiniti volti dell’amore” (Linee infinite Edizioni), in questa intervista racconta la “sua” Caterina.

 

Lei ha scritto un testo teatrale dedicato a Santa Caterina da Siena. So che la domanda è molto banale ma perché con tutte le sante ha pensato proprio a Caterina da Siena?

E’ una domanda che mi è stata già posta, e non perché sia banale, ma proprio per il motivo opposto che lei stessa ha sottolineato: nel panorama liturgico le sante sono davvero moltissime. La verità è che non pensavo affatto di scrivere su questa donna del XIV sec. che solo apparentemente è così lontana dalle nostre realtà. Dico apparentemente, perché, dopo aver deciso di calarmi in questa impresa, ho scoperto, o forse ho solo riscoperto, che quello che affermava G.B.Vico è sempre più vero: la Storia si ripete con cicli sempre uguali a intervalli regolari, e quello che combatteva Caterina allora oggi è ancora, purtroppo, presente.
Ma non ho risposto alla sua domanda: perché scrivere proprio di lei? Più che al mio impegno, si dovrebbe ringraziare un mio amico, il professore Gaetano Passarelli, che, come la conosciuta goccia cinese, mi ripeteva che dovevo scrivere su Caterina, perché il mio stile e soprattutto l’essere una ricercatrice storica, mi avrebbero dato gli strumenti necessari per creare qualcosa di emozionante e, alla fine, non so se perché gli ho creduto o soltanto per far terminare quel ripetere quasi quotidiano di scrivere sulla vergine
senese, ho deciso di farlo.

Un testo importante: quali difficoltà ha incontrato (se ce ne sono state) durante la realizzazione del testo?
Di difficoltà ne ho incontrate poche, ma, anche se in numero minimo, sono state molto impegnative nello “smontarle” pezzettino per pezzettino. La prima è stata sicuramente quella di convincermi che, dopo “Matilde, qualcuno per grazia di Dio”, altro testo teatrale sulla figura di Matilde di Canossa, potevo cimentarmi di nuovo in un lavoro teatrale su un personaggio importante, in questo caso gigantesco e, posso dire con orgoglio, che ho saputo trovare, per convincere me stessa, delle stupende motivazioni. Una per tutte: che si doveva togliere a questa donna l’aureola e farla scendere dall’altare, perché quello che aveva fatto era troppo importante, sia dal punto di vista storico che sociale, per lasciare il tutto confinato in un santino. Un’altra difficoltà è stata quella di visionare il più possibile quello che su di lei era stato scritto e diffuso. Se volevo interessare un papabile pubblico, non potevo permettermi di fare una bella copia di altre scritture scritte da altri autori. Sono stati i sessanta giorni più pesanti della mia vita: ho letto il più possibile e ho visto filmati di ogni genere, ma alla fine avevo le idee chiare, anche se avevo accumulato qualche ora di sonno arretrato, senza dormire abbastanza, il risultato è stato che alla fine dei famosi sessanta giorni, pensando di fare un riposino pomeridiano, mi sono svegliata il giorno dopo all’ora di pranzo. Ma chi scrive  per l’amore di farlo, non si stupirà certamente di questo particolare. Quello che è successo dopo è cronaca ed è fermo nel copione di “Caterina, donna d’amore”.


Che donna è la Caterina raccontata nel suo testo teatrale?
La Caterina del mio testo è la donna che visse con sua madre Lapa e sua cognata Lisa, nei giorni della peste nera, delle lotte per il papato, delle invasioni mercenarie e nelle lotte intestine delle città italiane; è quella donna che, coerente alle sue scelte, non permise a nessuno di farla indietreggiare dai suoi propositi; è quella donna che grida il suo amore per
Gesù come farebbe qualsiasi donna innamorata, ma soprattutto è quella donna che è ancora vicino a coloro che la conobbero con la sua presenza nel ricordo, come i suoi familiari e il suo più importante biografo Raimondo da Capua; lei, morta ormai da molti anni, sembra ritornare nella sua città e nella sua casa per essere vicina a chi l’amò, ma non comprese le sue scelte e, forse, la sua vita, come sua madre ormai prossima alla morte.

Che donna sarebbe stata Caterina se fosse vissuta negli anni Duemila?
Difficile da dire…sarebbe banale confinarla in una figura stereotipata di femminista anarchica, o di anoressica visionaria…credo che Caterina sia stata molto vicina a Madre Teresa di Calcutta: stesse motivazioni sociali, stessa determinazione, stessa progettualità. O forse, molto più semplicemente, sarebbe stata una donna come tante, che con una forza inspiegabile, continua a credere che non può allontanarsi dai suoi impegni, qualunque essi siano, come madre, come lavoratrice, come magistrato, come, scusate la presunzione, come artista che sente fortemente il dovere di fare del talento che possiede il miglior uso possibile per se stessa e per gli altri. La coerenza è sempre stata la più pesante zavorra che ci si porta dietro da quando siamo al mondo e non fa sconti a nessuno, in nessun tempo.

Lei nei suoi libri parla spesso d’amore ma non lo fa mai senza originalità. Anche in questo nuovo testo si parla d’amore: l’amore incondizionato di una donna verso Gesù Cristo. Come definirebbe questo tipo di amore?

Senza voler sconfinare nel teologico, campo che non mi appartiene, parlo in questo lavoro di un amore umano nei confronti di una scelta di vita che appartiene a chiunque decida quale sarà la sua strada futura: un amore fatto di slanci di tenerezza infinita, di sconforto nel momento in cui si incontrano ostacoli e ci si sente inermi e soli, di fiducia illimitata, di attese per delle risposte che si creano a volte contro la propria volontà. Leggendo queste
mie tesi si potrebbe pensare ad un innamoramento adolescenziale, ma se ci pensiamo un momento fu proprio quel nazareno di tanti secoli fa che disse che se non avessimo operato su noi stessi fino a ridiventare come bambini, non si poteva entrare nel regno del padre suo. E se qualcuno afferma che della vita nel paradiso se ne potrebbe fare a meno, posso assicurare che quel regno non indica necessariamente l’Aldilà, ma proprio questo vecchio mondo che ci ospita e che si aspetta da noi almeno l’impegno di non trasformarlo in un inferno. E poi, sarebbe veramente stupendo avere la possibilità di poter scegliere chi
amare e da chi farsi amare senza far gridare ogni volta allo scandalo…e  mi viene in mente la canzone di Lucio Dalla, “Futura”…eh sì, caro amico ti scrivo che finalmente è tutto cambiato  (per parafrasare“L’anno che verrà”, sempre di Dalla). Magari in meglio.

Per questo testo lei ha ottenuto il Patrocinio dell’Arciconfraternita di Santa Caterina da Siena e la collaborazione patrocinante del Programma Internazionale per la fame nel mondo, Ente collegato alla FAO. Una bella responsabilità?
Una stupenda responsabilità! L’Arciconfraternita di Santa Caterina da Siena ha dato il suo patrocinio per l’alto valore letterario nel rispetto della figura della santa, e questo già poteva rendermi soddisfatta, ma quando il W.F.P. che si occupa del problema della fame nel mondo, Ente collegato alla F.A.O. e direttamente dipendente dalle Nazioni Unite, ha investito “Caterina, donna d’amore” del ruolo di Ambasciatore per il progetto contro la piaga dei bambini-soldato nel Centro Africa, ho sentito che l’opera aveva raggiunto il suo  scopo, ovvero fare teatro civile in modo concreto. Da ogni biglietto che verrà acquistato nei prossimi spettacoli, verrà detratto un euro che garantirà a uno di quei bambini una settimana di pasti regolari nella scuola più vicina al loro villaggio. E qui si ritorna al discorso che bisogna diventare bambini per meritarci il regno del Padre di cui parlava quel nazareno, e soprattutto ci si deve impegnare a non portare l’inferno in terra, per nessuno e, meno che mai, per quei bambini che non giocano alla guerra con fucili di legno, ma che hanno fucili veri in un incubo quotidiano.

Il testo presto debutterà sulle scene italiane. Ci potrebbe rivelare qualche anticipazione?
Il 16 ottobre, a Roma pressol’Oratorio di Santa Caterina da Siena, in Roma (in via Monserrato 111), “Caterina, donna d’amore”, si presenterà ufficialmente ai confratelli, agli esponenti dell’ordine domenicano e a studiosi cateriniani, oltre a invitati scelti in quanto addetti ai lavori in ambito teatrale. Dopo questa data, ci saranno appuntamenti nei teatri romani per far sì che l’opera sia conosciuta da un pubblico vario, anche riferendoci al fatto che Caterina morì a Roma ed è, con San Pietro e San Paolo, coopatrona della città. Nelle intenzioni dei confratelli dell’Arciconfraternita, dell’ordine domenicano e degli studiosi cateriniani, oltre che della sottoscritta, l’opera dovrà percorrere il tragitto della santa fino ad Avignone, sostando nella sua Siena, a Bagno Vignoni, a Rocca d’Orcia e a Varazze, per concludersi a Bruxelles, sede del Parlamento Europeo, in virtù del fatto che ella è anche
patrona d’Europa.Per ora “step by step”.

Prossimo appuntamento:16 ottobre 2012 ore 16.30, nel suo Oratorio a Roma.

 

 

 

(Ottobre 2012)