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L'INTERVISTA - Giovanni Scifoni
di Elisabetta Di Dio Russo

Giovanni Scifoni è un artista poliedrico di talento: attore, autore, ricercatore, pianista jazz, disegnatore di fumetti. Reduce dal successo televisivo di “Io e mio figlio”, interpretato insieme a Lando Buzzanca, è attualmente in scena alla Cappella Orsini di Roma con lo spettacolo “Le ultime sette parole di Cristo”, di cui è anche autore. Grazie alla grande passione per il teatro che riesce a trasmettere anche al pubblico, alla creatività, all’ingegno, Scifoni è considerato oggi uno dei giovani artisti più promettenti e originali.

In questa intervista l’attore romano racconta il segreto del successo del suo spettacolo.

 

Lei è attualmente in scena alla Cappella Orsini di Roma con lo spettacolo “Le ultime sette parole di Cristo” con sottotitolo “minestra di fede per Cialtrone e Strumenti antichi”. Perchè questo sottotitolo?

Innanzitutto il sottotitolo serve per incuriosire, e poi ho una gran passione per le figure dei narratori medievali per i giullari. Il “Cialtrone”, protagonista del mio spettacolo, è uno strano giullare post moderno. Si chiama cialtrone perchè non prende posizioni, saltella da una cosa all’altra, dalla fede all’ateismo fino alla superstizione senza prendere nessuna posizione ben precisa ma semplicemente raccontando, con grande passione, gli estremi diversi del nostro concepire la spiritualità. Questo cialtrone ha anche il potere di scatenare un’ironia molto forte con ciò che racconta, fino ad arrivare ad un effetto comico molto strano. Infatti il pubblico durante lo spettacolo ride molto: non per l’estetica delle battute (non dico nemmeno una battuta), ride per i paradossi, le contraddizioni di alcune domande fondamentali che ci facciamo durante il corso della nostra vita.

 

Come è nata l’idea dello spettacolo?

L’anno scorso mi è stato chiesto di scrivere sette piccoli monologhi ispirati a “Le ultime sette parole di Cristo” di Franz Joseph Haydn dall’Orchestra Roma –Tre per un concerto in occasione dell’anno commemorativo del compositore austriaco. Ho visto che la cosa ha funzionato benissimo e che il pubblico era molto contento. E da qui è nata l’idea.

In questo spettacolo non sono accompagnato da un’orchestra ma da due musicisti straordinari, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli, ricercatori di musica antica che suonano strumenti antichissimi, ancestrali come la nichelarpa, il santur, la ribeca, che raccontano, srotolano i secoli con le loro sonorità affascinanti.

Avremmo dovuto fare sette repliche ma è scattato un passa parola dirompente tra il pubblico che ci viene a vedere, così siamo già alla venticinquesima replica.

 

In questo spettacolo lei prende spunto dalle sette frasi di Cristo che, secondo il Vangelo, avrebbe pronunciato durante la sua  passione, per poi incarnarle in diversi personaggi del passato e del presente.  Con quale criterio ha scelto i suoi personaggi?

Le sette frasi di Cristo appartengono ad una antica liturgia che si faceva il venerdì santo: in pratica si recitavano queste sette frasi di Gesù ed il vescovo le commentava.

Per questo spettacolo sono partito proprio da alcuni commenti di questi vescovi straordinari, grandi teatranti, che cercavano di affascinare il pubblico con i loro sermoni incredibili e trascinanti che si trovano ancora in alcune biblioteche.

In realtà ho una gran passione per storie, leggende, tradizioni e personaggi che hanno costituito quel meraviglioso patrimonio che è il cattolicesimo. E questa passione si è trasformata in una vera e propria ricerca che faccio ormai da anni, con il grande aiuto di mio padre che è un vero topo ravanatore di libri e conosce tutte le biblioteche di Roma.

C’è un personaggio importante che faccio rivivere nello spettacolo: un mio caro amico con cui ho passato tantissimo tempo della mia vita, un vero tormentatore, un ateo che tormenta chiunque sull’esistenza o inesistenza di Dio, con cui faccio delle gran litigate, essendo io credente.

Ci sono tanti personaggi che ho incontrato nella mia vita, barboni, persone strane, curiose e poi ci sono riferimenti tratti da romanzi che mi hanno colpito come quelli di Dostoevskij o alcune storie di Bergman.

 

Anche se le sette frasi sono il filo conduttore del suo spettacolo, in realtà nel suo monologo c’è anche molta attualità, per esempio lei ha ricordato la frase di Rosaria Schifani, vedova di uno degli agenti uccisi durante l’attentato al giudice Falcone.

Segno che la storia, la gente, le situazioni, la vita non cambiano?

Ogni storia, ogni personaggio si aggancia ad una delle sette frasi di Cristo. Tutti i personaggi che compongono questo spettacolo hanno in qualche modo incarnato o disincarnato queste sette frasi. La cosa incredibile è che queste frasi affrontano tutti i fondamentali temi dell’esistenza e analizzandole affiorano tutte le più importanti domande che ci si pone nella vita.

Analizzando la frase “Perdona loro perchè non sanno quello che fanno” immediatamente la memoria mi è andata a Rosaria Schifani.

 

Qual è l’età media del suo pubblico?

Ho un pubblico molto giovane: vengono a vedere il mio spettacolo molti diciottenni, adolescenti e poi ovviamente anche gli adulti. Però vengono tantissimi ragazzi forse proprio perchè lo spettacolo cerca di rispolverare alcune domande fondamentali che ci si fa almeno una volta nella vita.

 

E’ uno spettacolo che invita a riflettere...

Sì, non si può non riflettere. Si riflette, ci si arrabbia e poi nello spettacolo c’è anche un po’ di provocazione. Si cerca di provocare quelle domande che uno non ha voglia di farsi,  quelle frasi che uno magari non ha voglia di dire.

 

Dopo le repliche alla Cappella Orsini di Roma porterete lo spettacolo anche in altre città?

Abbiamo in programma una decina di date dove toccheremo diverse città italiane fra cui Varese, Rimini, Napoli, Perugia, Foligno.

 

Il consenso del pubblico verso il suo spettacolo è sempre maggiore. A cosa è dovuto tanto successo?

Le persone che vengono a vedere lo spettacolo si sentono ben volute: non c’è la distanza tra pubblico e attore come accade di solito durante gli spettacoli teatrali.

Poi penso che quando si trattano certi temi fondamentali della vita non è che bisogna per forza annoiarsi! Secondo me è affascinante scoprire che certi temi cruciali, struggenti possono anche essere affrontati con ironia, come succede nello spettacolo.

Volevo fare questo spettacolo da tantissimo tempo ed ero fortemente motivato. E quando c’è una compagnia teatrale che ha tanta voglia di comunicare, di fare uno spettacolo e riesce a farlo con grande passione i primi ad accorgersene sono le persone che stanno in sala. Ed è proprio per questo motivo che il pubblico che viene a vedere il mio spettacolo si sente a casa.

 

 

Giovanni Scifoni

Nel 1998 si diploma presso l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica Silvio D'Amico. Compie tournée teatrali con artisti della scena nazionale: Paolo Poli, Roberto Guicciardini, Sebastiano Lo Monaco, Patrik Rossi Gastaldi, Lorenzo Salveti, Pino Manzari, Massimo Foschi, Maddalena Crippa, Marco Maltauro e molti altri; debutta al cinema in “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana. Scrive monologhi narrativi e commedie. È protagonista e co-protagonista in numerose fiction tv come "Mio figlio" di Luciano Odorisio, con Lando Buzzanca, “Io non dimentico” di Luciano Odorisio, “Un caso di coscienza 3” di Luigi Perelli, e  altre produzioni rai e mediaset. A gennaio su raiuno è ancora protagonista insieme a Lando Buzzanca nei nuovi episodi di “Io e mio figlio”