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L'INTERVISTA - Enrico Deregibus: "Chi se ne frega della musica?"
di Elisabetta Di Dio Russo

 

E' uscito "Chi se ne frega della musica?" (edizioni NdA press) un libro che raccoglie anni di articoli, recensioni, interviste e curiosità del mondo della musica, raccontati dall'attento ed acuto Enrico Deregibus. In questa intervista il giornalista piemontese racconta la sua passione per la musica, dagli anni dell'adolescenza ad oggi. Niente nostalgia nella sua intervista ma tanta, tanta passione e molto rispetto per un tema che ha appassionato e appassiona le generazioni di tutti i tempi.

 

Perché ha scelto questo titolo proprio lei che della musica non se ne è mai fregato (oltre il riferimento alla canzone di Caparezza)?

Sicuramente c'è il riferimento a Caparezza. Io, però, ci ho messo anche un punto interrogativo che può dare al titolo del libro diverse interpretazioni: "Chi se ne frega della musica?" potrebbe essere riferito a quelle persone , enti o realtà culturali ed economiche che della musica se ne fregano sul serio. Oppure potrebbe essere riferito ai media. Insomma, ci possono essere molte interpretazioni. Ma il mio, vuole essere un titolo "aperto": chiedo infatti al lettore di darmi la sua interpretazione personale. E poi, mi sembrava un titolo che potesse aprire abbastanza bene un discorso sulla musica in Italia. Oggi la musica è troppo spesso vituperata, considerata come qualcosa di marginale, una specie di "sottofondo" insomma!  Mentre credo che in questo momento bisognerebbe ristabilire una dignità della nostra musica e della canzone.

 

Il suo libro raccoglie recensioni, interviste, articoli che lei ha scritto nel corso degli anni. Nel realizzare questo libro non c'è stata da parte sua un po' di nostalgia per quegli anni in cui la musica era sicuramente trattata meglio rispetto ad oggi?

Diciamo che il termine nostalgia non mi convince molto, ma sicuramente c'è stata un'epoca , forse anche precedente agli anni in cui ho scritto i miei articoli, in cui la musica era considerata un valore importante e, fortunatamente,  è ancora così per molti ascoltatori. C'è il primo pezzo del mio libro che ho chiamato "Educazione sentimentale", in cui però parlo di musica, che è un po' la fotografia di come io mi rapportavo alla musica durante il periodo dell'adolescenza,  molto differente da come vivono la musica gli adolescenti di oggi. La musica, da sempre, contribuisce alla formazione di un ragazzo e, per  i giovani, è sempre qualcosa di molto importante, anche quando ascoltano canzoni con testi molto adolescenziali.

 

Certo, ma dal punto di vista, per esempio, delle case discografiche che magari non hanno la giusta attenzione o preparazione quando devono decidere sul percorso professionale di un artista cosa pensa?

Diciamo che anche un tempo, c'erano discografici "illuminati" e altri no, così come succede ora. Anche oggi ci sono molti discografici preparati, soprattutto nel mondo della musica indipendente. Le grandi case discografiche tendono a produrre progetti che devono vendere subito, mentre un tempo si prendeva un artista, lo si faceva crescere pian piano e, solo dopo la pubblicazione di qualche disco, si iniziava finalmente ad avere soddisfazioni commerciali ed economiche. Artisti come Lucio Dalla, Vasco Rossi (tanto per citare qualche nome), in questo modo, disco dopo disco  hanno avuto la possibilità di crescere, affermarsi e diventare dei "grandi". Oggi questa culla, questa necessità di creare un artista, di costruirlo a poco a poco e di farlo crescere non c'è più. Questo dipende anche dal fatto che il numero delle vendite dei dischi oggi è quasi ridicolo e, una casa discografica che fa un disco va quasi sicuramente in perdita, a meno che non si tratti di un grande nome. Questo limita tutto. Purtroppo non c'è più la possibilità di lavorare come si faceva una volta anche perché, la crisi economica che stiamo attraversando, non permette più di esporsi a grandi rischi, indipendentemente dalla competenza di chi si occupa di produrre un disco. Sono però convinto che la musica, oggi, non dipenda più esclusivamente dalle grandi case discografiche: ci sono degli artisti che sono venuti alla luce grazie alle etichette indipendenti e che sono diventati i vari Baustelle, Afterhours o Subsonica che oggi, disco dopo disco, vendono tantissimo.

 

Nella sua introduzione ha detto che la canzone d'autore l'ha amata molto e quando non la annoia la ama ancora. Quando la annoia la canzone d'autore?

A parte il fatto che per me la definizione "canzone d'autore" è una definizione abbastanza vaga, penso che la canzone d'autore più classica, che non ricorra necessariamente ad imitare i vecchi modelli come i vari Tom Waits, De Gregori, De André, Conte sia abbastanza rara. Oggi vi è una tendenza ad adagiarsi proprio su questi vecchi modelli, si sentono poche cose fresche ed originali e , salvo poche eccezioni tra i nuovi artisti, come ad esempio Dente, i Massimo Volume, Le Luci della Centrale Elettrica, i Mau Mau, sembra quasi che la canzone d'autore si sia un po' incartata. E' sparita l'originalità, la personalità.

E questo mi annoia.

 

Oltre ad essere giornalista lei realizza eventi, ha curato festival e rassegne importanti. C'è qualche artista o qualche momento legato alla sua lunga carriera a cui lei  è particolarmente legato?

Ce ne sono diversi! Ricordo che nel 2004, avevo appena interrotto il mio rapporto di lavoro con la rivista "L'Isola che non c'era" e quell'anno, casualmente, mi sono state fatte proposte diverse, come la direzione di alcuni festival. Io, che fino ad allora avevo fatto quasi esclusivamente il giornalista,  mi sono reso conto che quel nuovo tipo di lavoro mi piaceva molto e, infatti, continuo a farlo ancora oggi. Nel tempo, ho allargato le mie competenze ricoprendo anche altri ruoli nell'ambito di una direzione di un festival.  Per quanto riguarda gli artisti, ce ne sono davvero molti che ricordo con piacere. Francesco De Gregori, perché a parte il libro che ho scritto su di lui, è sempre stato uno dei miei artisti di riferimento. De Gregori è uno dei pochi cantautori storici che ha mantenuto una sua freschezza e una grande forza. La biografia che ho scritto è stato un passo molto importante per me, oltre ad aver venduto tantissimo. Poi  mi piace ricordare Max Manfredi, perché è stato l'unico artista con cui ho lavorato direttamente. Per scelta difficilmente lavoro direttamente con i singoli artisti poiché, facendo parte di festival ed eventi, voglio evitare conflitti di interessi. Lavorare per due anni con Max è stata una grande crescita professionale che mi ha anche fatto capire cosa significa stare dall'altra parte, cioè da quella degli artisti. Infine le cito una giovane artista, Carlot-ta (vi è una lunga intervista con lei, nel libro). Quando penso a lei penso davvero alla parola "Talento".

 

In "Chi se ne frega della musica?" ci sono dei cammei, delle intrusioni dello scrittore  Gianluca Morozzi. Come mai ha scelto proprio lui per farle compagnia nel libro?

L'idea è stata del mio editore Massimo Roccaforte, che, leggendo il libro, si è reso conto che c'erano elementi che andavano al di là della semplice recensione o dell'intervista giornalistica. Mi ha proposto il contributo di Gianluca Morozzi che, fra l'altro, è anche un musicista e quindi particolarmente adatto per questo compito. E' nata così la nostra collaborazione che mi piace molto perché la sua partecipazione la vedo come una specie di simbolo del lettore. Mi piacerebbe che i lettori interagissero con il libro e Morozzi rappresenta un po' questo.

 

Se una mattina lei si svegliasse davvero con l'idea di fregarsene della musica che farebbe?

Effettivamente ci sono delle mattine in cui mi sveglio con la voglia di cambiare rotta, ma sono solo dei momenti che durano al massimo dieci minuti perché so che sarebbe impossibile, per me, fregarmene della musica. Mi sento estremamente fortunato:  posso fare un lavoro che mi piace.

E quando una passione diventa lavoro....

 

(La seconda foto di Enrico Deregibus partendo dall'alto è di Fabrizio Caperchi; la foto di Max Manfredi è di Guido Castagnoli)

 

 

(Novembre 2013)