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INTERVISTE - Luca Maciacchini
di Elisabetta Di Dio Russo

 

Si parla tanto della crisi del teatro, della musica, dello spettacolo ma c'è chi, invece di lamentarsi cerca di affrontare il problema lavorando sodo, contando soprattutto sulle proprie forze e sfidando la crisi a colpi di genialità. E' il caso di Luca Maciacchini, attore, autore, musicista e cantante che ha appena messo in rete un videoclip con il suo nuovo brano che, guarda caso, si intitola proprio "Geniale". Un brano semplice, orecchiabile, fresco ma che lancia un messaggio molto profondo ed importante. L'artista lombardo ce ne parla in questa intervista. (foto Mafalda)

 

Con questa canzone lei invita le persone a fare lavorare la fantasia e ad ascoltare quel pizzico di genialità che tutti potenzialmente potremmo avere ma non sempre siamo in grado di ascoltare?

L'intento è un po' questo ma, in realtà, non c'è un invito preciso. La canzone è un messaggio dove ognuno ci può vedere ciò che vuole. L'idea comunque è di non cedere alle lusinghe del mercato per basarsi su ciò che si vuol dire. Il messaggio quindi è proprio quello di non sottomettersi a queste logiche che rispecchiano i gusti delle masse. E per farlo basta poco: è sufficiente guardare con più attenzione anche solo un particolare di ciò che ci circonda e aggiungere un pizzico di fantasia per essere considerati geniali. Personalmente non credo al genio: credo in colui che lavora ed elabora quello che ha sottomano, dedicando in ciò che fa molta passione.

 

In tempo di crisi la sua canzone è una ventata d'aria fresca, un invito a non lasciarsi abbattere.

Mi fa piacere che venga vista così. Ma avrebbe potuto nascere in qualsiasi epoca e se è nata adesso è un po' per caso. E poi, secondo me è sempre tempo di crisi: è da quando sono nato che non ricordo un periodo in cui non ci si lamentasse in generale! Ma se può servire, tanto meglio.

 

Perché secondo lei certe volte manca il coraggio di reagire alle avversità e di fare qualcosa per cambiare le cose?

Più che mancanza di coraggio secondo me spesso è comodo non reagire perché, tutto sommato, come diceva Michelangelo nel nostro male stiamo assai bene. E allora è molto più comodo stare nei propri tre metri quadri , che magari ci siamo conquistati con tanto sforzo, piuttosto di uscire di casa, guardarci in faccia e dire facciamo qualcosa. E questo facciamo qualcosa deve partire dal basso e non certo dall'alto. Oggi vanno di moda le primarie: quella per me è una falsa democrazia, una falsa libertà che ci vuole indurre a credere che siamo noi a decidere quando in realtà, gli obbiettivi mediatici, hanno già deciso.

 

Come è nata la canzone?

In realtà l'ho sognata. Mi sono svegliato una mattina con questo ritornello in testa - geniale, geniale tu mi puoi trovare -  e mi son detto: questa cosa può funzionare! Il paradosso è che ci è voluto qualche anno prima che la canzone vedesse la luce perché, le cose migliori, hanno bisogno di avere il tempo di germogliare e non succede mai subito. Dopo questo ritornello che continuava a starmi intorno ci ho creato sopra una musica abbastanza facile e ho scritto il testo.

 

Nel videoclip di "Geniale" lei si è soffermato anche su alcuni piacevoli particolari della natura...

Diamo a Cesare quel che è di Cesare: il merito è dei miei amici colleghi Luca Maffei e Federico Motta che sono i registi e gli autori dello storyboard. Per me, era la prima volta in assoluto essere protagonista di un videoclip quindi ho detto "ragazzi fate voi!" . L'intento è stato quello di cogliere in maniera non didascalica ma evocativa l'idea del contatto con la natura che sono il frutto e il fiore che vengono citati all'inizio del pezzo. Abbiamo avuto la fortuna di girare il videoclip nel parco di Villa Burba a Rho, dove c'erano anche alcune presenze interessanti come qualche scoiattolo che si rincorreva e che abbiamo ripreso al volo. La natura è stata un complemento ideale, anche se non premeditato.

 

Da anni si parla della crisi del teatro, della crisi del cinema, della crisi della musica. Secondo lei il mondo dello spettacolo riuscirà ad uscire da questa situazione?

Mi ricordo una lezione universitaria che ho seguito qualche anno fa in cui un professore di storia del Jazz parlava della crisi nella storia del Jazz. Ma quando gli chiesero "Crisi in che senso?" lui rispose "io per crisi intendo 'trasformazione'". E allora, se cominciassimo a dare il giusto significato alle parole (perché le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti),e intendessimo la parola crisi non come disperazione ma come trasformazione sarebbe già un passo avanti. Sicuramente ci sono delle difficoltà e può essere anche facile farsi prendere dallo sconforto. Personalmente credo molto nell'individuo e penso che sia importante contare principalmente su se stessi, sulle proprie forze, seppure con delle prospettive che possano essere rivolte anche verso il gruppo, il collettivo, ma senza delegare gli altri. Questa è la scelta che ho fatto. Quindi parlare di crisi della società, del teatro, della musica, dello spettacolo è la cosa più facile del mondo ma, nello stesso tempo, anche la più equivoca. Ognuno deve fare la sua parte come meglio crede, come può.  C'è un libro del giornalista Mario Schiavone che si intitola "Non ti delego". Non bisogna sempre delegare gli altri ma agire, senza aspettare che una soluzione arrivi dall'alto.

 

Come si diventa "geniali"?

Lavorando, lavorando, lavorando. Nessuno nasce imparato, però qualcuno magari nasce più svelto, più ricettivo. Bisogna lavorare e cercare di cogliere nei particolari quel tanto di mai scontato. Cogliere quel frutto, quel fiore che la speranza ti dà, e quello che agli altri risulta essere il pizzico di genialità.

Ho fatto anche la rima!

 

 

www.lucamaciacchini.com

 

 

 

(Dicembre 2013)