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GIORNALISMO E MARCHETTE
di e.ddr.

 

Spesso il confine tra pubblicità e informazione è molto sottile e se non si fa attenzione si rischia di trasformare un articolo di informazione in una "marchetta" a tutti gli effetti. Mentre la stra-grande maggioranza dei giornalisti cerca di non incappare, nemmeno per sbaglio, nell'odiosa pratica adottata da alcuni colleghi "furbetti", alcuni autorevoli rappresentanti della stampa, infischiandosene altamente del codice deontologico della categoria, perseverano nel loro sport preferito e arrotondano lo stipendio o continuano a compiacere il potente di turno sperando in chissà quale miracolo. E' molto triste constatare come alcuni colleghi riescano a camuffare la "marchetta" più evidente in un accattivante articolo di informazione o in un'interessante intervista per palati sofisticati. E i direttori delle testate giornalistiche che fanno, dormono? Molti non se ne accorgono, altri chiudono un occhio forse per via della crisi che sempre più spesso abbassa i compensi dei giornalisti freelance. E allora che fare? Sopportare in silenzio la pratica odiosa di certi colleghi o indignarsi fino all'inverosimile?

Io sono a favore dell'indignazione.

E mentre mi indigno insieme a molti colleghi ogni giorno viene proclamato, in qualche redazione non lontana da casa nostra, il nuovo "re della marchetta".

Un re senza scettro e senza corona.

Ma soprattutto senza potere perché la marchetta giornalistica è sinonimo di debolezza.

E la debolezza, ce lo insegna l'abc del giornalismo, fa a pugni con la libertà d'espressione.

 

 

 

(Aprile 2013)