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INTERVISTA - Max Manfredi ricorda Don Andrea Gallo
di Elisabetta DI Dio Russo

Se n'è andato Don Andrea Gallo, uno dei preti più conosciuti, ma anche fra i più schietti e coraggiosi dei nostri tempi. Definito un prete "scomodo", perché diceva ciò che pensava, faceva ciò che sentiva, perché era vicino alle persone più deboli, agli emarginati e a tutti quelli che nella nostra società vengono a torto definiti gli "ultimi", Don Gallo ha sfidato il conformismo di ipocriti e bacchettoni seguendo l'istinto che, spesso, lo ha portato verso scelte difficili e impopolari ma "giuste", sempre condite dal buon senso.

Il cantautore genovese Max Manfredi ricorda l'amico Don Andrea Gallo in questa intervista.

 

Come ha conosciuto Don Gallo?

Non mi ricordo, fu qualche anno fa, nel corso di varie occasioni, soprattutto riguardanti De André e Dori Ghezzi. Però una volta mi invitò anche a cantare una canzone al funerale di un mio amico. Cantai "Ruby's arms".

 

Lei e Don Gallo avete fatto diverse cose insieme. Com'era lavorare con lui?

Estremamente piacevole ed estemporaneo. Più che altro si trattava di fargli capire, sul palco,  quando smettere per lasciare il posto alla musica. Era piuttosto prolisso, ma divertente, come dovevano essere i giullari francescani nel Medioevo. Una volta perse le braghe mentre parlava, sembrò quasi fatto apposta.

 

Nel 2011, in occasione del trentesimo anniversario dell'Osteria La Lanterna, gestita dai ragazzi di Don Gallo, della "Comunità San Benedetto al Porto", avete cantato una tua canzone insieme, "Futuro bella sposa", che Don Gallo ha definito l'inno della nuova resistenza. Cosa ricorda di quell'occasione?

Ricordo una gran confusione. Ma la storia della nostra canzone sulla Nuova Resistenza meriterebbe un capitolo a parte. Tanti non ci farebbero una bella figura. Per ora basti sapere che fu scritta da me e da due amici, Cristiano Angelini e Claudio Roncone.

 

Don Gallo è stato anche protagonista di uno spettacolo "Io non taccio" che ha portato in giro per l'Italia, nei teatri. Com'era il "Don Gallo-Artista"?
Andrea aveva un senso innato della comunicazione, della battuta, dell'emozione indotta: era quindi un buon personaggio mediatico, adatto alle interviste, alle botta-e-risposta. Aveva il gusto del paradosso, ma era sempre un paradosso evangelico.

 

Il suo grande senso di giustizia e il rispetto nei confronti degli altri hanno sempre suscitato molte polemiche, specialmente da parte di alcuni esponenti della Chiesa. Non ultime quelle al suo funerale che hanno innescato le proteste da parte delle persone che erano presenti. Che ne pensa?

Ero presente, su un balcone dirimpetto la piazza, e ho seguito la prima parte del funerale con i fischi e gli applausi ironici ad Angelo Bagnasco. Direi che è accaduto  tutto come da copione: l'omelia del cardinale sembrava fatta apposta per dare, del Gallo, un'immagine composta, chiesastica, compiacente verso le gerarchie e quindi distorta.
C'è anche da dire che i fischi si scatenarono pressoché all'inizio dell'omelia, e Bagnasco ha avuto buon gioco di smetterla lì. Non so come sarebbe andato avanti.

 

Secondo lei come viveva i contrasti che aveva con la Chiesa?

Credo con passione e serenità. La Chiesa, a chi piace, è un organismo molto ampio. I contrasti ci possono essere coi vicini di casa, un teologo che la pensa come te lo troverai sempre. E soprattutto troverai conforto nel Vangelo e nella Bibbia.

 

Don Gallo era un duro, un uomo forte. Da dove arrivava tutta questa forza?

Dall'esperienza. Da una vita cominciata dalla Nave Scuola Garaventa, e poi sempre in contatto con gente caduta, infelice, entusiasta, disperata e benedetta. E con grandi problemi tragici e pratici. Penso che lui la vedesse così. Ultimamente era diventato un simbolo, quindi ci metterei anche una buona dose di autocompiacimento. Non gli dispiaceva fare il divo.

 

Spesso è stato indicato come un prete di sinistra, ma lui diceva "macché sinistra e sinistra!!! Esiste la passione per l'uomo e l'amore. E poi esistono i valori."

Come dargli torto, specialmente in anni che hanno sgretolato totalmente le differenziazioni "di squadra" fra destra e sinistra? Eppure la passione per l'uomo, l'amore, la difesa e la tutela sociale dei deboli, son sempre state utopie legate al pensiero di sinistra (e qualche volta anche pratiche).

 

Don Gallo era un prete di sinistra o semplicemente un uomo giusto, che stava dalla parte dei più deboli e che si affidava soprattutto al buon senso?

Preferisco quest'ultima sua "non definizione". "Prete di sinistra" vuol dir poco. Era un libertario, per quanto poteva, questo sì. Quando parlava di Gesù e di quel che diceva, sembrava sempre che citasse la cena della sera precedente, che Gesù fosse uno dei suoi ragazzi.

 

Nel 2011 Don Gallo aveva caldeggiato la sua partecipazione al Concerto del Primo Maggio, durante l'intervista del programma televisivo "Le invasioni barbariche", condotto da Daria Bignardi. Vi è stata anche una petizione on line per poter vedere lei e Don Gallo insieme sul palco del Concerto di Piazza San Giovanni a Roma. (ma poi la vostra partecipazione non c'è stata) Come è andata?

Solito squallido boicottaggio implicito, solita mancanza di passione e curiosità nelle cose. La Dandini e la Bignardi, quando il Gallo proferì quelle famose parole (voglio cantare al concerto del primo maggio la Canzone della Nuova Resistenza) fecero orecchio da mercante. Peggio si comportarono gli organizzatori del Concerto, che nemmeno risposero alla proposta quando gliela mandammo. Probabilmente non la lessero neppure.

La canzone era stata fortemente voluta da Raimondo Ricci, il presidente allora uscente dell'Anpi. Ma non fu mai appoggiata dai quadri dell'Anpi, e fu poi  addirittura boicottata dall'attuale presidente, che sostituì Ricci. Don Gallo se ne innamorò e, un po' perché gli piaceva, un po' per fare un favore a noi che l'avevamo composta dichiarò più volte di volerla portare in qualche piazza considerata importante, ed ebbe l'ardire di nominarla in trasmissioni dove, ai conduttori, non poteva fregargliene di meno. La mandammo anche a tutti i capi del sindacato, ma loro col concerto del primo maggio non c'entrano nulla.

Vedendo poi cos'è diventata la kermesse del primo maggio, penso sia stato un bene non essere stati invitati. Io su quel palco ci andrò solo come Max Manfredi, e non a cantare quella canzone. Ma il Gallo la prese sul serio, l'abbiamo cantata tante volte, o alla Lanterna, il suo ristorante, o in qualche raduno dell'Anpi, o nei due concerti che abbiamo fatto insieme.

 

Che insegnamento le ha lasciato e cosa le mancherà di lui?

Mi mancherà la sua figura segaligna, il genovese masticato col sigaro, la sua generosità, persino la sua onnipresenza mediatica (che in altri mi ripugna in modo orrendo, nel suo caso la perdonavo e mi piaceva pure). Anzi, per lui parlerei di una forma di ubiquità. Era nelle piazze importanti, nei talk show televisivi, era da Fabio Fazio, ma poi era anche nelle piccole piazze, nelle scuolette di paese intitolate a Fabrizio De André, era anche a sentire le confidenze dell'ultimo venuto, non si tirava mai indietro, era alla gara di pesto fra artisti e abitanti del Ghetto, in cui cannibalizzò le notizie riguardanti  la gara - di per sé molto poco interessante - chiedendosi, ma quand'è che si farà il pesto con la marijuana?
Non mi ha lasciato nessun insegnamento diretto. In effetti mentirei se cercassi, nella mia vita umana ed artistica, l'ombra di un maestro.
E' certo che adesso alla Chiesa manca un deuteragonista utilissimo, una specie di mascotte del Libero Pensiero.

E a me un amico.

 

(La foto di Don Andrea Gallo e Max Manfredi è tratta da un video di Sergio Gibellini; la foto di Max Manfredi è di Guido Castagnoli)

 

www.maxmanfredi.com

 

 

 

(Maggio 2013)