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L'INTERVISTA - Antonello De Sanctis si racconta
di Elisabetta Di Dio Russo

E’ uscito “Oltre l’orizzonte – Una semplice storia d’amore” (No Reply), primo romanzo di Antonello De Sanctis, l’autore che ha fatto sognare intere generazioni con i testi di numerose canzoni, come “Padre davvero” di Mia Martini e la sempreverde “Anima mia” portata al successo negli anni Settanta dai Cugini di Campagna. In questa intervista a “cuore aperto”, Antonello De Sanctis si racconta con sincerità e svela ai giovanissimi la ricetta per scrivere un buon libro.

 

 

Lei è al suo secondo libro e al suo primo romanzo. Qual è la ricetta per scrivere un buon libro?

Una trama coinvolgente, la scorrevolezza nello scrivere, l’attitudine a collegare la penna al cuore e a non cadere nelle trappole dell’autocompiacimento, la capacità di vedere la pagina bianca come una madre accogliente piuttosto che come una voragine, un pizzico di talento e molta umiltà. Forse è questa la ricetta, almeno per me lo è.

 

“Oltre l’orizzonte” è un libro che si snoda tra presente e passato. Lei che rapporto ha con i suoi ricordi?

Credo che tutti noi siamo il nostro presente, il passato e il futuro nel loro insieme. Ho steso queste tre componenti su un’unica tavola immaginando di vederle scorrere davanti a me come un fiume che è sorgente, “fluire” e foce. Il fiume rappresenta per me la metafora della nostra esistenza e quello che mi affascina è guardarlo nell’interezza del suo percorso.

Il rapporto con il mio passato è buono anche perché lo rivisito con indulgenza e sono pronto a perdonargli anche i momenti negativi che mi ha regalato, a pacchi in certi periodi.

 

L’intera costruzione del romanzo si regge su tre argomenti importanti, amore, famiglia e amicizia: quanto conta tutto questo nella sua vita?

Sono tre valori fondamentali nella nostra esistenza, credo. La famiglia è la terra nella quale affondano le nostre radici e se avrà saputo insegnarci l’attenzione e il rispetto per gli altri, allora avrà gettato in noi i semi dell’amore e dell’amicizia. Semi che per germogliare però richiedono impegno quotidiano, dedizione, altruismo, rinunce a volte. Se non sentiremo tutto questo come un dovere ma come un tesoro da preservare, allora potremo dire di avere imparato ad amare, di averlo imparato almeno un po’.

 

Il libro però si apre con uno degli aspetti che possono determinare la vita di un uomo, la solitudine. Cos’è per lei la solitudine?

La solitudine può essere una condanna o un dono. Generalmente la temiamo perché è uno specchio che non fa sconti a nessuno. Per sfuggirla, c’immergiamo nelle mille cose della vita rimanendo inconsapevoli prigionieri del fare, dell’accumulare, dell’avere di più. Ma la solitudine può anche essere un dono perché ci consente di riflettere e di provare a capire il senso profondo di questo nostro fascinoso viaggio sulla terra.

 

Quanto c’è di autobiografico in questo suo primo romanzo?

Quasi tutto, escluso il finale. Racconta la mia infanzia passata con i nonni e l’averli ritenuti per lungo tempo i miei genitori. Avevo quattro anni quando Marta, mia madre, venne a riprendermi e fu un trauma tornare nella mia vera famiglia, ma pian piano il suo amore mi conquistò. Ebbi così due guide sicure nei miei, due fratelli come amici e andai avanti senza troppi pensieri fino al giorno in cui un infarto strappò rudemente mio padre dalla nostra casa. Fu allora che smisi di sognare. Poi Marta si ammalò di tumore, noi figli ci riunimmo intorno al suo capezzale e fu un percorso veramente duro il nostro...

 

Tra i suoi lettori ci sono molte donne e moltissimi giovani. Come lo spiega?

Non mi meraviglio di questo. I giovani hanno dentro la pulizia e l’ingenuità dei loro anni e le donne sanno amare per davvero. E’ nella loro natura di madri. Ecco, “Oltre l’orizzonte” è donna e sa di pulito. Forse per questo motivo quel tipo di lettori si ritrova nel mio romanzo.

 

Potrebbe dare un consiglio ai giovanissimi che vorrebbero intraprendere il bellissimo cammino della scrittura?

Non è una risposta semplice. Lascio da parte il discorso che scrivere è un’occasione per conoscersi meglio e una straordinaria auto terapia, che è un atto liberatorio e può bastare a se stesso. Chi però, legittimamente, vuole pubblicare corre il rischio di cadere in mano alle mille piccole editrici che chiedono contributi, l’acquisto di un tot copie di libri eccetera. E la storia praticamente si esaurisce lì. Se poi uno aspira a diffondere veramente il suo lavoro, deve affidarsi a editori seri e in quel caso deve armarsi di tenacia, pazienza e capacità di attendere. Non si vive di libri oggi, di speranze sempre.

 

Cosa c’è nell’immediato futuro di Antonello De Sanctis?

Un altro romanzo, non ci piove. Mi piacciono le sfide. Quella di scrivere testi per canzoni era durissima ma ce l’ho fatta in qualche modo. Questa è ancora più complicata, però vado avanti. Il resto è nelle mani del tempo, della mia capacità, se ne ho, di mettere una parola dietro l’altra, della mia anima e, non ultima, della mia buona stella.

 

 

Antonello De Sanctis inizia la sua attività di paroliere negli anni Settanta con “Padre davvero” per l’indimenticabile Mia Martini. Continua la sua carriera scrivendo, tra gli altri, per i Cugini di Campagna (firmando la celeberrima Anima mia), i Collage e Mietta.
Nel 1992 inizia la sua collaborazione con Nek ed è l’autore di suoi numerosi successi tra cui “Laura non c’è”. Nel 2007 esce la sua autobiografia “Non ho mai scritto per Celentano” (No Reply).” Oltre l’orizzonte” è il suo primo romanzo, dove dimostra la capacità unica di dare musica alle parole.

 

 

 

(Ottobre 2010)