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L'INTERVISTA - Marco Ongaro: Vi racconto le mie "Canzoni per adulti"
di Elisabetta Di Dio Russo

Tra gli album più significativi usciti nel 2010 che rimarranno sicuramente impressi nella memoria per lungo tempo c’è “Canzoni per adulti”, ultimo progetto discografico di Marco Ongaro.

Il cantautore veronese sceglie ancora una volta di parlare d’amore, analizzando il tema con grazia, occhio critico ed una sottile ironia.

E’ inutile ricordare la classe innata di un artista prestigioso come Ongaro che anche in questo album traspare, canzone dopo canzone, dalla prima all’ultima nota.

Classe che non lo abbandona nemmeno in questa intervista dove racconta in modo appassionato ed elegante le sue “Canzoni per adulti”

 

 

L’amore, (soprattutto quello tra due persone) è il tema che da sempre ha ispirato gli artisti di tutte le generazioni. Nel suo nuovo album, “Canzoni per adulti”,lei parla delle diverse sfaccettature dell’amore, con passione, tenerezza o ironia. Perché ha deciso di dedicare un intero album a questo tema “infinito” e sempre attuale?

 

Per me non è una novità. In Archivio Postumia già avevo trattato questo tema che è il più appassionante se non si vuole parlare di guerra o politica. Quanta guerra e politica c’è nel rapporto a due chiamato coppia? E quanto amore? L’indagine non ha confini. Si potrà scrivere fino alla fine dei tempi senza esaurire l’argomento. Ed è l’ultimo tema da esaurire, a ben guardare, giacché è così piacevole parlarne, ascoltarne, immergersi nei suoi dubbi ed emergere nelle sue incertezze.

 

Secondo lei, oggi, in una società frettolosa e spesso qualunquista ha ancora senso parlare d’amore?

 

La società è sempre stata così. Leggere lo Zibaldone di Leopardi può darci l’idea di quanto sia illusorio pensare di vivere in una società diversa da quella dell’Ottocento. Il fatto che ci siano treni, aerei e automobili non cambia la percezione intima della realtà, il rapporto tra verità e simulazione, tra apparenza e sostanza. Si è solo allargato il fronte di chi fruisce di tale percezione. L’unica cosa di cui ha senso parlare è, da ben prima dell’avvento della Bibbia, l’amore.

 

L’album si apre con un bellissimo pezzo, molto singolare ed emozionante, quasi una “poesia recitata con note di sottofondo”, un esperimento audace nel panorama della canzone d’autore italiana. Una svolta che rimarrà isolata o intende percorrere questa strada in futuro?

 

È un accenno di “slam”, genere in voga in Francia: poesia detta sopra a musica avvolgente, improntata al lirismo anziché al ritmo. In verità io modulo anche, canto un po’ qua e un po’ là per mantenere ancora più sospesa la forma e più indeciso il genere. Il Salvatore delle donne tristi non può che rimanere un episodio a sé. Una ciambella ben riuscita che fa chiudere il forno per evitare confronti.

 

“Canzoni per adulti” contiene due pezzi tradotti da un disco di Leonard Cohen. Come mai ha deciso di interpretare due pezzi del celebre cantautore canadese?

 

Come mai ho deciso di tradurli, sarebbe la domanda più giusta. I testi di Cohen sono poesia in musica, è bello ogni tanto parlare con la voce di qualcun altro cui si è data voce attraverso la traduzione. Molti scrittori si cimentano nel tradurre libri di altri maestri. È il travaso della cultura, il tributo che si deve a un precursore che si ama.

 

Nel disco c’è anche una canzone, "La scorta" dedicata al giudice Giovanni Falcone. Perché ha deciso di ricordare questo dramma?

 

La canzone l’ho scritta “a caldo”, nel 1992, poco dopo la strage di Capaci. È l’impulso a partecipare, un impulso insano che di tanto in tanto coglie un artista. Pubblicarla ora, lontano da ricorrenze e celebrazioni, da anniversari e opportunismi vari, mi è sembrato più rispettoso. Mi piace riconoscermi in questa società e fare il poco in mio potere per contribuire al suo civismo.

 

A quale delle canzoni dell’album si sente più vicino e qual è il brano che più la rappresenta?

 

Il Salvatore delle donne tristi è senz’altro la canzone che meglio rappresenta la mia poetica, il mio saltellare nell’ironia senza darlo troppo a vedere, il parlare sul serio come se scherzassi. Homo erectus, Cinque lettere, Feydeau e D. J. Le fanno da coro.

 

Quanto c’è di autobiografico nell’album?

 

Tutto e niente. “Autobiografia dappertutto” e “Nascondi la tua vita” sono massime che Hugo von Hofmannstahl usa nella scrittura. Le adotto pienamente. C’è tutto di me, ma non si sa esattamente dove.

 

Con “Canzoni per adulti” lei ripropone ancora una volta il suo stile unico e raffinato.

Qual è il segreto per evitare “scivoloni artistici” che purtroppo sono soventi nel mondo della musica, anche della canzone d’autore?

 

Suonare con musicisti fidati, entrare in sala d’incisione come se il giorno dopo si dovesse morire e fare tutto per l’ultima volta.

 

 

www.marcongaro.com

 

 

 

(Dicembre 2010)