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L'INTERVISTA - Roberto Fabbri: "La musica è la colonna sonora della mia vita"
di Elisabetta Di Dio Russo

Nel panorama musicale italiano non è sicuramente passato inosservato il terzo album di Roberto Fabbri, "Nei tuoi occhi" (Sony Music) che ha come sottotitolo Racconti per chitarra. I brani del chitarrista romano sono  emozionanti racconti illustrati ,delicatamente o a tinte forti. Hanno infatti il grande pregio di evocare delle immagini. In questa intervista Roberto Fabbri svela il suo mondo musicale che è diventato la meravigliosa colonna sonora della sua vita.

 

Come è nato l'album "Nei tuoi occhi"?

Questo album fa parte di un percorso che è iniziato con il mio primo album "Beyond" che significa andare oltre. Cercavo, infatti, di trovare un linguaggio musicale che contestualizzasse la chitarra classica e che la rendesse uno strumento fruibile anche dalle nuove generazioni e non troppo ancorato al suo passato che, seppur bellissimo, ancora  ricco di sonorità che oggi non sono più così usuali. Ho continuato il mio percorso con "No words" il mio secondo album, sempre cercando di attingere anche da altre sonorità come il pop, il rock, il jazz. In "No words", per esempio, vi era anche una citazione di un brano di Eddie Van Halen ("Jumping") che io avevo preso come modello e su cui avevo scritto un pezzo. Questo terzo album segna anche il mio passaggio ad una major importante come la Sony Music ,così, ho voluto dare un ulteriore step a tutto il mio lavoro, pensando a un album un po' diverso. I primi due album erano incentrati sulla chitarra: il primo con una sola chitarra, nel secondo con un ensemble di chitarre (realizzato con il mio gruppo). Con "Nei tuoi occhi" ho voluto creare tante sonorità diverse: ci sono brani per chitarra sola, a cui si alternano brani per quattro chitarre e poi quelli per chitarre ed archi.  Questi ultimi fanno parte di un concerto che mi è stato commissionato dal Festival Andrés Segovia di Madrid per celebrare i venticinque anni della scomparsa del Maestro spagnolo.

 

Il suo ultimo album ha come sottotitolo racconti per chitarra. In effetti ascoltando i brani contenuti nell'album ci si accorge che evocano delle immagini. Con l'ascolto di  "Aquiloni", per esempio, si ha davvero la sensazione di vedere gli aquiloni in volo. Come ci riesce?

La chitarra ha un forte potere evocativo, come la musica in generale, ma la chitarra in modo particolare. Nel brano che lei ha citato volevo proprio dare l'idea degli aquiloni che prendevano il volo verso il cielo e si rincorrevano.  Allora, con una serie di scale che si rincorrono, ho cercato di ricreare l'immagine degli aquiloni in volo con un ambiente sonoro.

 

Come nasce un suo brano?

I miei pezzi nascono in tanti modi diversi. Alcuni nascono on the road, quando sono in tour, forse perchè  viaggiare esorta ulteriormente la mia creatività: trovandomi in paesi diversi, ascoltando musiche che non fanno parte del mio quotidiano, mi vengono nuove idee e così scrivo. Per esempio "02:00 A.M." è un brano nato durante un tour con il mio quartetto a Miami. Dopo un concerto abbiamo terminato la serata in un lounge bar , dove si ascolta un genere di musica tipico di quei locali, mentre si beve un drink. Ritornati nella nostra camera, verso le quattro del mattino, anzichè dormire abbiamo deciso di suonare ed è nato questo brano.

 

Il suo album è fatto di grandi emozioni: ci sono brani molto delicati e romantici come "Nei tuoi occhi", "Un bacio ancora" ma anche brani di grande impatto, che contengono una forza e una potenza incredibili come "Il cavaliere errante". Qual è il brano che in questo album la rappresenta di più?

Guardi, l'ha centrato, perché è proprio "Il cavaliere errante". E' un brano molto intenso (specialmente nella versione con gli archi, in cui assume un pathos maggiore) a cui tengo moltissimo, prima di tutto perchè è il brano identificativo e portante del concerto per chitarra ed archi che si chiama "Fantasia sin palabras" ed è dedicato a Andrés Segovia, che è stato il cavaliere errante della chitarra, e poi perchè  mi sento molto vicino a questa figura donchisciottesca, anche se di musicista. Don Chisciotte era un po' folle, viaggiava e si scontrava con i famosi mulini a vento. Anche noi musicisti siamo un po' folli: come lui siamo erranti, giriamo il mondo con il nostro strumento e vogliamo che la gente apprezzi la nostra musica.

 

In un'intervista lei si è definito un chitarrista classico un po' atipico. Perché?

Perché, come ho detto, penso che la chitarra classica possa testimoniare il nostro tempo. Molte volte noi chitarristi classici restiamo un po' arroccati su quello che è stato il nostro background, il nostro passato, la nostra storia e riproponiamo brani del repertorio classico tradizionale. Penso che il chitarrista classico, oggi, debba guardare oltre e andare al di là dei confini che gli vengono dati dall'accademia, rapportandosi anche con nuovi linguaggi musicali. Di solito il musicista classico guarda i nuovi linguaggi, quelli della musica contemporanea atonale. Però, credo che invece  sia proprio il superamento del guardare solamente in quella direzione che consentirà alla musica classica di sopravvivere ed avere un futuro. Ormai viviamo in un mondo globalizzato e non possiamo far finta di niente. Penso che anche il musicista classico debba essere testimone del proprio tempo e quindi debba poter attingere anche da linguaggi musicali come il jazz, il pop , il rock e creare un linguaggio classico ma contemporaneo contestualizzato. E poi, rispetto agli altri chitarristi classici, io suono la mia musica. E' una scelta un po' forte perchè di solito un chitarrista classico suona la musica di altri e non la propria. Ma è una scelta che facevano anche i musicisti dell'Ottocento. Nel passato i musicisti suonavano la loro musica, poi dopo è nata la figura del compositore, scissa da quella dell'esecutore. Io sto riunendo le due figure: scrivo e suono la mia musica. E anche in questo sono un po' atipico.

 

Infatti, i suoi brani conservano qualcosa di antico pur essendo estremamente moderni.

Certo, perchè non posso disconoscere le mie basi, le mie radici culturali. Sono un chitarrista classico. Però nei miei brani cerco di mettere quel pizzico di contemporaneità che secondo me è fondamentale.

 

Nel corso della sua carriera lei si è esibito molto anche all'estero. Secondo lei vi è più  attenzione verso la musica classica negli altri paesi rispetto a come viene accolta in Italia?

Mi sono esibito un po' in tutto il mondo. Ogni pubblico cambia perché è diverso culturalmente. Devo dire però che l'Italia, sotto questo punto di vista, pur avendo una grandissima tradizione musicale anche per quello che riguarda la musica strumentale, la musica classica, purtroppo è un po' meno attenta. Come dire Nemo propheta in patria (nessuno è profeta nella propria patria) quindi spesso succede che si debba andare all'estero perché ti riconoscano la giusta attenzione. Ci sono paesi nel Sud America dove hanno una grande tradizione per la chitarra classica e accolgono i concerti di chitarra con grande entusiasmo e un grande seguito di pubblico. Inoltre, accolgono anche le innovazioni senza preclusioni e preconcetti. Così come in molti paesi dell'Est. Qualche anno fa ho tenuto un concerto a Miami in un ambiente universitario dove pensavo che proporre le mie musiche fosse azzardato. Invece il pubblico si è prodigato in una standing ovation dopo l'altra! In Cina, dove la chitarra classica è presente solo da qualche decennio, perchè non fa parte della cultura cinese, c'è un grandissimo interesse  e ci sono dei chitarristi bravissimi. E poi, naturalmente la Spagna che è il paese elettivo della chitarra, dove ho suonato moltissimo e dove sono stato invitato in tanti festival importanti. In Spagna molti conservatori hanno anche adottato i miei testi (che fra l'altro sono stati tradotti in diverse lingue, anche in cinese) e questa, per me è una soddisfazione enorme!

 

L'8 novembre scorso lei si è esibito in Vaticano e ha eseguito il brano "Una preghiera". Grande emozione, resa ancora più grande dalla partecipazione di sua figlia. Come è andata?

E' stata una bella emozione, non solo per il luogo. Questo brano che ho scritto insieme a Paolo Bontempi, inizialmente era solo strumentale ma quando ci siamo resi conto che era davvero una preghiera, ci siamo detti "perché non metterci sopra le parole dell'Ave Maria?" Ho deciso di far interpretare il brano a mia figlia perchè ha una bella voce (studia canto lirico al conservatorio), anche se lei inizialmente era un po' intimorita.

La presenza di mia figlia è stata una cosa molto bella, anche perché ci siamo esibiti insieme per la prima volta.

 

Da anni lei è direttore artistico del Festival Internazionale della Chitarra che si svolge a Fiuggi. Secondo lei, a cosa è dovuto il successo di questa manifestazione?

Penso che sia dovuto alla formula che ho scelto, dove ho inserito i diversi linguaggi appartenenti a questo strumento. E' un festival eclettico dove la chitarra classica è il filo conduttore, ma vi sono anche colori diversi come i chitarristi jazz, di flamenco e poi, nella settimana in cui si snoda la manifestazione, salgono sul palco artisti di grande spessore, magari alcuni meno noti al grande pubblico ma di indiscutibile talento. E' un festival eterogeneo con tante sonorità diverse e per il pubblico è diventato un appuntamento fisso. La gran parte dei concerti si svolge in piazza e, per una settimana, la piazza di Fiuggi si trasforma in un grande teatro all'aperto, grazie anche all'amministrazione comunale del sindaco Fabrizio Martini che ha creduto nella manifestazione e l'ha aiutata a crescere.

 

Lei è anche fondatore di un'Accademia di Musica. Oggi in mezzo a tutta questa musica tecnologica come è cambiato il rapporto tra le giovani generazioni e lo studio della musica di strumenti musicali come la chitarra classica?

Ho aperto l'Accademia a Roma nel 1986 e, indubbiamente, erano altri tempi. I giovani avevano meno distrazioni, non c'era internet, non c'erano i tablet, la playstation e quindi potevano dedicare più tempo allo studio di uno strumento. Dal punto di vista numerico vi è stata una flessione dei giovani che si dedicano allo studio, però tutta questa tecnologia fa anche riscoprire la bellezza di produrre qualcosa da soli, anche se con fatica. C'è molta curiosità è più soddisfazione nel produrre qualcosa, senza l'aiuto di un bottone che riproduce qualsiasi cosa. Penso che nei giovani vi sia ancora la capacità di appassionarsi, ed è molto importante.

 

La sua musica fa sognare le persone ma vi è un sogno che lei  ancora non è riuscito a realizzare?

La musica è la colonna sonora della mia vita. Mi piacerebbe che la mia musica diventasse la colonna sonora della vita di tanta gente.

 

 

www.robertofabbri.com

 

 

 

(Febbraio 2014)