Visualizzazione non disponibile.
 
INTERVISTE
INTERVISTA: Peppe Voltarelli
di Elisabetta Di Dio Russo

 

Peppe Voltarelli, classe 1969,  ex voce del gruppo Il Parto delle Nuvole Pesanti è al suo primo album come solista, “Distratto ma però”.

In questa intervista, l’artista calabrese, spiega il suo rapporto con gli italiani all’estero, con la sua terra d’origine con il sistema italiano che dedica poca attenzione ai nuovi artisti ed è incapace di allargare la prospettiva visiva verso la sperimentazione investendo in nuovi progetti.

 

“Distratto ma però” è il suo primo album come solista, dopo che ha lasciato il gruppo de “Il Parto delle Nuvole Pesanti”. Come ci si sente nel ruolo di assoluto protagonista?

 

Mi sento come uno che deve tirare un rigore per una squadra composta da un solo elemento: è una specie di sfida su punti estremi.

 

Il disco potrebbe essere definito un album di “racconti” dove  protagonisti immaginari fanno realmente parte del nostro quotidiano. Nel suo album sembra esserci poco spazio per i sogni, tutto è presente e realtà, con qualche nota di speranza solo per quanto riguarda il tema dell’amore. Perchè?

 

Perchè la speranza spesso è nella fuga e l’amore è fuga da regole e pregiudizi: mentre il quotidiano ci sommerge noi tentiamo di resistere.

Però il quotidiano è il motore che serve per scrivere e vivere.

Invidio chi si innamora trenta volte al mese!

 

Nel suo album c’è una bellissima canzone “Italiani superstar” che racconta storie e sogni degli italiani che hanno cercato la fortuna in altri paesi. Che rapporto ha con gli italiani all’estero?

 

Con gli italiani che risiedono all’estero ho una relazione molto intensa, ho cominciato suonando “Tarantella Punk”. Oggi gioco a fare il crooner, li sfido, ci gioco, canto i loro sentimenti, passeggio nel Bronx come se fossi in via Popilia. Insomma sono uno di loro, che per bisogno viaggia e scrive canzoni.

Non li “celebro”: sono uno di loro.

E loro lo sanno.

 

Lei è stato recentemente protagonista del film “La vera leggenda di Tony Vilar” (dedicato all’interprete di “Cuando calienta el sol”). Secondo lei, nel nostro Paese, c’è la volontà di rilanciare il cinema italiano attraverso nuovi autori e nuovi attori?

 

Negli ultimi anni l’atteggiamento verso i nuovi autori sta lievemente cambiando, c’è più attenzione verso le nuove proposte e la Festa del Cinema a Roma ne è la prova.

Certo c’è ancora tanto da fare e da entrambe le parti: sia per chi scrive, sia per chi amministra il grande patrimonio cinematografico che, a mio avviso, dovrebbe avere più coraggio magari indirizzando l’attenzione verso produzioni diverse e sperimentare nuove strade espressive. Purtroppo per ora questo coraggio non lo vedo, un po’ come succede nella musica, dove si investe solo in progetti sicuri.

Da noi ha sempre regnato la logica del “libretto postale” e dei “soldi sotto il materasso” e, con questa logica, molti artisti per vivere, sono costretti a fare molti lavori.

Ma mi sto lamentando e non mi va!

 

Torniamo a “Distratto ma però”. Come mai questo titolo fuorviante: mi sembra che la distrazione abbia veramente poco a che fare con l’album e che, al contrario, ci sia molta attenzione per ciò che accade nella nostra società!

 

Distrazione come “gioco delle parti”: vediamo chi si accorge dello scherzo e, chi vince, schiaccia il pregiudizio.

Lei se ne è accorta, ma tanti invece pensano che “io mi faccia”.

Invece porto le lenti a contatto e ho la pressione alta...

 

Nell’album ci sono due pezzi in dialetto calabrese. Qual’è il rapporto con la Calabria, sua terra d’origine?

 

La amo ma non posso viverci perchè se ci vivo non posso più fare il cantante: i cantanti stanno a Roma o a Milano.

E poi se vivi in Calabria devi stare “calmo” e non puoi alzare troppo la voce perchè altrimenti disturbi il “quieto vivere”. Però la mia terra la amo maledettamente: la canto e la cerco.

 

Qual’è l’ispirazione che la porta a scrivere ed interpretare canzoni appassionate e delicate come “L’anima è vulata”?

 

La perdita di persone care. E poi la distanza, la morte, il silenzio.

 

“L’anima è vulata” vanta la collaborazione di un pianista d’eccezione, Sergio Cammariere. Nella sua carriera lei ha collaborato con molti artisti. Vi è un aneddoto che le piace ricordare a proposito di queste sue collaborazioni?

 

Ce ne sono molti, tutti bellissimi! Con Sergio ricordo un pomeriggio magico in due, davanti al pianoforte: poche parole, sguardi, accenni, piccoli gesti. E poi è nato il pezzo.

Rimango sempre emozionato quando penso alla collaborazione con Claudio Lolli per l’album “Ho visto anche degli zingari felici”. Di Claudio mi piace ricordare la fierezza, la calma e la pesantezza delle sue parole. Ripenso alla dolcezza di Teresa De Sio in sala di registrazione mentre cantavo. Un bel ricordo è legato ad Antonello Messina, a Palermo per la registrazione della sua Milonga: cazzo! Avevo paura che “sgamasse” perchè io non so leggere la musica. Quella volta abbiamo fatto un cinema!

 

In italia si tende a dividere i vari generi di canzone: c’è la canzone d’autore, considerata impegnata che fa riferimento a i vari De Andrè, c’è quella considerata leggera o pop vista con occhio malevolmente critico dagli intenditori. Perchè secondo lei vi è questa netta divisione nella musica italiana?

 

Per comodità, credo. Forse è meglio così...in Italia siamo “molto precisi”.

 

Cosa c’è nell’immediato futuro di Peppe Voltarelli?

 

Non so. Vorrei aprire un locale a Buenos Aires con i miei amici per farci un laboratorio d’arte, teatro, cinema, fotografia, poesia. Poi qualche volta potrei suonare pure io.

Vuol venire anche lei?

Peppe Voltarelli
Peppe Voltarelli
Peppe Voltarelli
Peppe Voltarelli
Peppe Voltarelli
Peppe Voltarelli
Peppe Voltarelli
Peppe Voltarelli
Visualizzazione non disponibile.